Pedalare senza fine: la giornata lavorativa moderna sembra un Tour de France senza arrivo


La routine lavorativa quotidiana in molti uffici assomiglia a una tappa del Tour de France. Non la tappa pianeggiante e soleggiata attraverso la Provenza, ma una spietata tappa di montagna sui Pirenei, dove anche i ciclisti più forti vengono spinti al limite. Ogni giorno diventa una corsa contro il tempo, contro la montagna di impegni, contro la propria stanchezza. Ore in sella, compagni di sofferenza che lottano fianco a fianco, un percorso apparentemente infinito.
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Mentre un tempo le singole tappe erano più lunghe, il Tour de France ora è più impegnativo che mai: gli attacchi iniziano subito dopo la partenza, il ritmo medio è più veloce e le tappe presentano un dislivello maggiore. La situazione è simile al lavoro: è diventato più densamente popolato. Dal 2020, il numero di videoconferenze e riunioni è più che triplicato, come mostra il Work Trend Index di Microsoft. Oggi la maggior parte delle persone deve realizzare di più nello stesso lasso di tempo. Non sorprende che l'80% dei lavoratori in tutto il mondo lamenti di non avere tempo o energie per il proprio lavoro. Il ricercatore del tempo Jonas Geissler spiega: "Molti confondono l'attività frenetica con il lavoro efficace: il tempo è pieno, ma non appagante".
Il sollievo attraverso l’intelligenza artificiale è una falsa speranzaMentre i corridori del Tour de France giungono al traguardo a Parigi dopo tre settimane, vengono festeggiati e possono rilassarsi, l'obiettivo nella vita quotidiana d'ufficio sembra svanire costantemente. Non appena un progetto viene completato, ne inizia un altro. Relax? Nessuno. Al contrario, dominano l'ottimizzazione dei processi, il miglioramento dell'efficienza e il monitoraggio delle prestazioni. E come al Tour: chi non riesce a tenere il passo resta indietro, fuori dal gruppo dei migliori.
Chi deve costantemente raggiungere prestazioni elevate cerca modi per superare i propri limiti. L'abuso di sostanze è stato a lungo all'ordine del giorno nel ciclismo, ma da alcuni anni è possibile anche il doping tecnico: i mini-motori alimentano le bici da corsa. Mentre questo doping motoristico è vietato nel ciclismo, il doping tecnico attraverso l'intelligenza artificiale accelera il carico di lavoro. Questo dà speranza a molti ciclisti esausti e costanti: il 70% degli intervistati nello studio Work Trend Index desidera delegare il più possibile il lavoro a un'IA per ridurre il proprio carico di lavoro.
Riuscirà in questo intento? Nel suo libro "The Optimization Lie", l'autore Markus Albers mette in discussione la conclusione secondo cui un maggiore utilizzo dell'IA porterà automaticamente a più tempo a disposizione: "Se le riserve di produttività che l'IA ci offre vengono immediatamente consumate dal processionismo, anche la promessa utopica che le macchine ci libereranno dai compiti di routine, permettendoci di pensare di nuovo in modo creativo e strategico in futuro, morirà". Il tempo guadagnato non dovrebbe essere incanalato in ulteriori processi o riunioni, ma in ciò che ci definisce come esseri umani: creatività, innovazione e scambio interpersonale. Creazione anziché esaurimento.
Dopo le fatiche della tappa odierna, la stanchezza dei corridori del Tour de France si legge sul volto mentre tagliano il traguardo. Non appena arrivati, vengono curati, nutriti e poi massaggiati. Un noto detto recita: "Il corridore che si riprende meglio vince il Tour de France". Nel contesto lavorativo, la sofferenza è molto meno evidente. Chi è esausto non riceve altro che sguardi di compassione.
Quelli che sono esausti guidano autorevolmenteSecondo uno studio di un istituto tedesco di ricerche di mercato, il 61% dei manager si sente esausto. Questo ha conseguenze disastrose: "I manager esausti mostrano un modello di leadership chiaramente pessimo", scrive Heike Bruch, professoressa all'HSG. Alcuni reagiscono non assumendo un ruolo di leadership, mentre altri mostrano tendenze sempre più autoritarie. Entrambe le strategie hanno un impatto negativo sulla motivazione dei dipendenti. Per non parlare della mancanza di modelli comportamentali: solo il 30% dei manager adotta un comportamento sano. In questo senso, potremmo imparare dai ciclisti professionisti: dopo un grande sforzo, è necessario un lungo periodo di recupero. Qualsiasi altra strategia è distruttiva.
Quanto sarebbe meraviglioso se non considerassimo più il lavoro come una serie infinita di tappe di montagna, ma piuttosto come un lungo tour in bicicletta con un obiettivo chiaro. Con splendidi punti panoramici dove poterci fermare insieme e un percorso che possiamo adattare al nostro umore del giorno. E dove è normale che testa e gambe riposino dopo una salita impegnativa. Proprio come disse Udo Bölts, dodici volte partecipante al Tour de France: "Posso comprarmi un casco nuovo. Ma non una testa nuova".
Un articolo della « NZZ am Sonntag »
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