La prossima preda: la stampa

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La prossima preda: la stampa

La prossima preda: la stampa

Due casi che hanno toccato la libertà di espressione hanno rivelato i loro lati opposti: il sintomo di ciò che verrà, l'attacco alla stampa, l'ultima diga del regime autoritario che si sta costruendo in Messico, e la resistenza dei giornalisti nonostante l'asimmetria delle forze che affrontano. Non si tratta di una lotta di potere, ma di una lotta per le libertà. Non è una battaglia che unisce i cittadini, perché non è nel loro interesse, sebbene saranno i più colpiti dal vivere in una società opaca e irresponsabile. I termini di questo inevitabile confronto sono stati delineati a Campeche e Puebla.

La governatrice Layda Sansores, nota per la sua mancanza di limiti, ha accusato Jorge Luis González, ex direttore del quotidiano Tribuna, di averla diffamata e di aver usato incitamento all'odio e violenza contro di lei. Un giudice di sorveglianza, Guadalupe Martínez Taboada, ha ignorato l'affermazione della giornalista secondo cui i contenuti di cui si lamentava non erano né suoi né pubblicati sul quotidiano, che aveva lasciato nel 2017. A lei non importava: gli ha ordinato di interrompere l'esercizio della professione per due anni e di non pubblicare nulla, nemmeno sui social media. L'Organizzazione Editoriale del Sudest, che pubblica Tribuna, ha ricevuto l'ordine di chiudere il suo sito web, senza una sentenza definitiva né l'ascolto delle argomentazioni della sua difesa.

A Puebla, il governatore Alejandro Armenta ha concluso il suo primo semestre al potere attaccando giornalisti e organi di stampa. Li ha insultati e minacciati pubblicando una legge sulla sicurezza informatica, presentata dal suo attuale coordinatore consultivo in qualità di vice. Questa legge criminalizza le "molestie informatiche". Questa legge consente a chiunque di richiedere la rimozione di contenuti digitali che ritiene siano stati insultati, diffamati, offesi o danneggiati con la "necessaria insistenza" per causare danni fisici o emotivi, senza bisogno di un ordine del tribunale.

La Rete dei Giornalisti di Puebla, che si è organizzata per contrastare gli attacchi di Armenta, ha immediatamente denunciato la cosiddetta "Legge sulla Censura", entrata in vigore domenica. Articolo 19 e l'Associazione Interamericana della Stampa si sono uniti all'appello, sostenendo che rappresenta un rischio per la libertà di espressione, aprendo la strada a chiunque voglia mettere a tacere i resoconti giornalistici e le critiche alla sua amministrazione. Questa nuova legge, ha ricordato Articolo 19, fa parte di un crescente schema di persecuzione giudiziaria, che utilizza la legge per avviare procedimenti penali contro i giornalisti.

Negli ultimi cinque anni, più giornalisti hanno risolto le denunce presentate da politici e funzionari di Morena di quanti, a memoria d'uomo, il numero totale di giornalisti del passato. C'erano certamente tensioni, ostilità e pressioni per licenziare i giornalisti, ma queste erano mirate, persino selettive, non massicce, contro un'intera categoria e contro individui che, come denominatore comune, condividono un atteggiamento critico nei confronti del governo. Come incoraggiava Andrés Manuel López Obrador dal Palazzo Nazionale, e come sta gradualmente iniziando a fare la Presidente Claudia Sheinbaum, l'intimidazione attraverso gli strumenti del potere ha preceduto la censura e il silenzio. Con questo, si raggiunge la fine della responsabilità e del contrappeso. Se la strategia verrà attuata, i più danneggiati saranno coloro che oggi guardano al minaccioso fenomeno con indifferenza e assoluto disinteresse.

Stiamo camminando su un confine molto sottile tra molestie e critica politica, perché con leggi così ambigue, la loro ampia interpretazione e applicazione, giornalisti e organi di stampa sono soggetti a una soggettività calibrata sugli interessi al fine di metterli a tacere. Queste risorse sono già state utilizzate per bombardare giornalisti con accuse di genere, usandole come pretesto affinché, anche in quanto dipendenti pubblici, le critiche siano considerate un attacco al loro genere. Pochi casi si sono conclusi, più a causa di difese inadeguate che di valide ragioni, ma con il nuovo sistema giudiziario nelle mani del regime, è molto probabile che queste difese legali cambino.

Il caso González a Campeche rientra nella persecuzione con cui diversi funzionari del regime hanno cercato di mettere a tacere i propri oppositori. A Puebla, senza minimizzare l'esistenza di violente molestie digitali, la legislazione e il suo potenziale uso fazioso, che sembra essere nel DNA del governatore, indicano la criminalizzazione di chiunque eserciti il ​​proprio diritto costituzionale di esprimersi e dissentire. A Tamaulipas, i tentativi di censura contro il giornalista Héctor de Mauleón e El Universal, così come la legge stalinista sulle telecomunicazioni e la radiodiffusione di Claudín, sono ancora in corso.

La censura non richiede più colpi di stato o sparizioni. Bastano un codice penale e un giudice docile. Mettere a tacere le voci critiche attraverso leggi ambigue e procure servili, sempre più comuni, è una strategia di controllo. La legge è molto più rapida nel perseguire i critici rispetto a chi è corrotto o abusa del suo potere. Questo regime sta elaborando leggi in un Paese in cui l'impunità è la norma – e aumenterà nei prossimi mesi con il controllo della magistratura – e, come López Obrador ha sistematicamente dimostrato e sempre più frequente sotto il suo successore, si sta orientando verso la strumentalizzazione della magistratura per proteggere i propri interessi.

A Campeche, il governatore non ha detto nulla. I media vessati, e molti di quelli uccisi durante la sua amministrazione, non hanno avuto alcun seguito o sostegno a livello nazionale. A Puebla, è successo il contrario, ma la risposta è stata una presa in giro. Il governatore ha chiesto al Congresso di rivedere la "Legge sulla censura", ma inopportunamente: ne ha ordinato la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. La Segretaria degli Interni, Rosa Icela Rodríguez, ne ha raccomandato la revisione, il che è un'altra farsa. Essendo responsabile della politica interna del Paese, la sua attenzione e il suo interesse avrebbero dovuto essere concentrati durante le deliberazioni del Congresso di Puebla, non quando tutto è già stato deciso. È lo stesso stratagemma proposto ieri dal Presidente. Non possono certo dichiararsi innocenti.

Ma anche se le pressioni interne ed esterne fossero efficaci, data la crescente critica al regime per la sua natura autoritaria che sta crescendo come margherite in tutto il mondo, il messaggio è chiaro: le critiche hanno un costo e possono comportare punizioni che possono distruggere il benessere professionale ed economico di coloro che le contestano.

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