Un'associazione saharawi critica l'associazione della sua causa con il jihadismo.

Il presidente della Juventud Activa Saharaui, Khaled Mohamed Cherif, ha inviato a questo quotidiano una dichiarazione in merito alle informazioni pubblicate domenica scorsa da La Vanguardia , secondo cui i servizi segreti spagnoli collocherebbero una dozzina di saharawi tra i vertici dello Stato islamico nel Sahel, in un contesto di crescenti tensioni in quella regione.
La notizia, a suo avviso, "contribuisce all'ingiusta stigmatizzazione di un'intera comunità". "Per oltre cinquant'anni, il popolo saharawi ha fatto affidamento su mezzi pacifici per difendere il proprio diritto all'autodeterminazione. Questa lotta non è stata combattuta con bombe o attentati, ma con risoluzioni internazionali, educazione, diplomazia e mobilitazione civica", afferma.
"Noi di Juventud Activa Saharaui ribadiamo il nostro impegno nei confronti dei valori democratici, della coesistenza e della giustizia", conclude la dichiarazione di Juventud Activa Saharaui, un'organizzazione che, spiegano, lavora per i diritti, l'istruzione e l'emancipazione pacifica dei giovani saharawi.
Nelle informazioni pubblicate in esclusiva da questo quotidiano, si affermava che "l'intelligence e i servizi segreti stanno monitorando con crescente preoccupazione l'intensificarsi della minaccia jihadista nel triangolo del Sahel (Mali, Burkina Faso e Niger), che si avvia a diventare un santuario del terrorismo, nonché l'espansione geografica delle affiliate delle principali organizzazioni (Al-Qaeda e Stato Islamico)", citando fonti antiterrorismo altamente affidabili. In questo secondo gruppo, lo Stato Islamico-Provincia dell'Africa Occidentale (ISWAP), le suddette fonti collocano, al vertice, "leader saharawi radicalizzati capaci di istigare singoli attori a compiere attacchi sul suolo europeo".
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