“Il favoloso mondo di Amélie e la metafisica dei successi”, “C’era una volta a Gaza”… Uscite cinematografiche mercoledì 25 giugno

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“Il favoloso mondo di Amélie e la metafisica dei successi”, “C’era una volta a Gaza”… Uscite cinematografiche mercoledì 25 giugno

“Il favoloso mondo di Amélie e la metafisica dei successi”, “C’era una volta a Gaza”… Uscite cinematografiche mercoledì 25 giugno

♦ Amélie e la metafisica dei tubi ***

di Liane-Cho Han e Maïlys Vallade

Film d'animazione francese, 1 ora e 17 minuti, per bambini dai 7 anni in su

Adattamento riuscito di un romanzo autobiografico di Amélie Nothomb, questo film d'animazione trasporta lo spettatore nelle meraviglie del Giappone, dove l'autrice belga ha trascorso la sua infanzia. In questo racconto di formazione dalle animazioni vivaci, la bambina di due anni, scossa da un terremoto, inizia a percepirsi come una divinità onnipotente al centro di tutto. Quattro stagioni per passare dall'infanzia all'infanzia, attraverso la lente della perdita e del lutto, accompagnate da una forte dimensione spirituale.

Vincitore del Premio del Pubblico al Festival di Annecy, "Il favoloso mondo di Amélie e la metafisica dei tubi" è accessibile a un pubblico più giovane, ma offre diversi livelli di interpretazione per piacere anche alle famiglie, grazie a una voce narrante molto presente, quella di Amélie adulta. L'animazione, con il suo sorprendente livello di dettaglio, offre eleganti giochi di trasparenza e texture che sembrano tangibili, per un vero e proprio viaggio sensoriale.

» LEGGI LA RECENSIONE: “Amélie e la metafisica dei tubi”, il bestseller di Amélie Nothomb rilanciato con grazia

C'era una volta a Gaza **

di Arabo e Tarzan Nassar

Film palestinese, francese, tedesco e portoghese, 1 ora e 27 minuti

Iniziato con la voce di Donald Trump, che vuole trasformare Gaza nella "Riviera del Medio Oriente", il film torna al 2007, l'anno della vittoria di Hamas alle elezioni legislative e del conseguente blocco israeliano. Incontriamo Yahya, che si paga gli studi lavorando nel fast-food di Osama, arrotondando il suo reddito con il fentanyl nei suoi falafel. Un agente di polizia corrotto, Abu Sami, commette l'irreparabile per ottenere il caso. Dopo la morte del suo amico, Yahya si ritrova coinvolto in un film di propaganda di Hamas.

Vincitore del premio per la miglior regia nella sezione "Un Certain Regard" all'ultimo Festival di Cannes, C'era una volta a Gaza vanta una sceneggiatura maliziosa e un umorismo assurdo, che si rivela particolarmente efficace nella seconda parte del film, dopo un'introduzione piuttosto lunga. Dal loro esilio, i due fratelli registi si prendono gioco del regime islamista e dei suoi tentativi di cinema . Il film si conclude con una morale crudele che contrappone Hamas e Israele, entrambi desiderosi di imprigionare gli abitanti di Gaza.

» LEGGI LA RECENSIONE: “C’era una volta a Gaza”, un racconto crudele sulla prigionia dei cittadini di Gaza

Il Grande Trasloco **

di Jean-Pascal Zadi

Film francese, 1 ora e 23 minuti

L'eroe di una commedia galattica afrofuturista, il franco-ivoriano Pierre Blé (Jean-Pascal Zadi), viene accolto in gran segreto ad Abidjan con "l'élite del continente e della diaspora". Il loro obiettivo: preparare e portare a termine la prima missione spaziale tutta africana, alla conquista del pianeta Nardal.

Jean-Pascal Zadi torna a interrogarsi sul ruolo dei neri (dopo "Tout simplement noir" e "En place") con un personaggio centrale che prende in giro e con attori spesso di cabaret (Fadily Camara, Fary, Claudia Tagbo). Credibile grazie alle sue scenografie curate nei minimi dettagli, il film (con un titolo che fa un dispetto ai critici del "grande rimpiazzo") si affida a un umorismo spesso assurdo, prendendo di mira i personaggi con commenti sessisti, razzisti, omofobi, ecc., pur concedendo loro ampio spazio. La critica sociale, cosparsa di discreti riferimenti a pensatori neri, merita di essere approfondita.

» LEGGI LA RECENSIONE: “The Great Displacement”, L'epopea spaziale di Jean-Pascal Zadi

♦ F1, il film **

di Joseph Kosinski

Film americano, 2 ore e 35 minuti

Sonny Hayes (Brad Pitt), un genio delle corse automobilistiche indipendenti e senza un soldo, risponde alla richiesta di Ruben Cervantes (Javier Bardem), suo ex compagno di squadra e capo di una scuderia in declino: tornare in Formula 1 trent'anni dopo un grave incidente. Il giovane pilota della scuderia, Joshua Pearce (Damson Idris), avrebbe bisogno di un po' di supporto, e i due diventano rapidamente rivali.

Joseph Kosinski, regista di Top Gun: Maverick, riesce a trasmettere allo spettatore il senso del volo con le virtuose sequenze di gara filmate da ogni angolazione. Coprodotto dal pilota di F1 Lewis Hamilton, il film immerge gli appassionati (e non) nelle strategie e nelle coreografie delle gare. La sceneggiatura, alimentata dal testosterone, si bilancia leggermente con due personaggi femminili un po' stereotipati ma interessanti; tuttavia, ignora completamente la questione dell'impatto ambientale dello sport.

» LEGGI LA RECENSIONE: “F1, the movie”, Brad Pitt a velocità folle

Angelo *

di Tony Gatlif

Film francese, 1 ora e 37 minuti

Il regista di origine gitana accompagna Arthur H in questo viaggio on the road attraverso la Francia, pretesto per un viaggio a ritroso nel tempo scandito da virgole musicali. Il cantante interpreta il ruolo di Ange, un musicologo che torna nel suo paese dopo essere partito per la tangente e aver vissuto come un nomade a bordo del suo camion, lasciandosi alle spalle le due donne della sua vita (Maria de Medeiros e Christine Citti), gli amici e una ragazza di cui non sapeva nulla. Lei si imbarca al suo fianco quando decide di dirigersi a sud per trovare il suo caro amico Marco, a cui presumibilmente deve dei soldi.

Trasportata dall'energia del regista, punteggiata da meravigliosi momenti poetici come i suoni della vita quotidiana che si trasformano in ritmi musicali, la pellicola ci lascia un po' affamati, con la sceneggiatura ridotta al suo punto di partenza e alla placida presenza di Arthur H, di cui non valorizza a sufficienza il talento. Solo il finale, con un Mathieu Amalric scatenato e una magnifica ode alla world music, lo salva da una certa noia.

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