Banche e clima: nel 2024 quasi 900 miliardi ai fossili

Nel 2024 le principali banche mondiali hanno investito più nei combustibili fossili rispetto all’anno precedente. È quanto emerge dall’ultimo rapporto Banking on Climate Chaos 2025, pubblicato da Rainforest Action Network, un’organizzazione ambientalista con sede negli Stati Uniti attiva dal 1985, impegnata nella difesa delle foreste tropicali, dei diritti delle comunità indigene e nella lotta ai finanziamenti che alimentano il collasso climatico. Il rapporto è sostenuto da oltre 470 organizzazioni in 67 paesi ed è oggi considerato il più completo monitoraggio indipendente della finanza fossile globale.
Secondo il dossier, le 65 maggiori banche al mondo hanno erogato 869 miliardi di dollari a società attive nel settore fossile, con un aumento di oltre 160 miliardi rispetto al 2023. Ma il dato più preoccupante riguarda i finanziamenti a nuovi progetti di espansione, che nel solo 2024 ammontano a 429 miliardi di dollari, in crescita di 84 miliardi in un solo anno. Un trend che va in direzione opposta rispetto agli impegni presi alla COP28 di Dubai, dove gli Stati hanno sancito il principio della “transizione fuori dai fossili”, e rispetto alla tabella di marcia per le zero emissioni nette (Nze) dell’Agenzia internazionale dell’energia (Iea), che dal 2021 sostiene esplicitamente lo stop a nuove infrastrutture fossili.
L’aumento è ancora più significativo se si guarda al periodo dal 2016 – anno di entrata in vigore dell’Accordo di Parigi – a oggi: 7.900 miliardi di dollari. Dal 2021, anno della roadmap Nze dell’Iea, sono stati destinati oltre 1.600 miliardi solo all’espansione di nuove estrazioni, pipeline, terminal Lng, centrali a gas o carbone. Nonostante le crescenti temperature globali, l’aumento di eventi estremi e l’aggravarsi degli impatti sociali ed economici, il sistema finanziario continua a scommettere su un modello fossile ormai incompatibile con gli obiettivi climatici.

Tra i principali finanziatori, il rapporto elenca JPMorgan Chase (53,5 miliardi di dollari nel 2024), Bank of America (46), Citigroup (44,7), Mizuho Financial (40,3) e Wells Fargo (39,3). Le stesse banche figurano anche tra quelle che hanno aumentato di più i propri investimenti rispetto al 2023. In particolare, Barclays e Goldman Sachs hanno incrementato i finanziamenti ai fossili di oltre il 50% in un solo anno. Il 70% delle banche monitorate ha aumentato il proprio supporto al settore fossile, nonostante dichiarazioni pubbliche di impegno climatico e adesioni a iniziative volontarie come la Net-Zero Banking Alliance.
Geograficamente, gli Stati Uniti rappresentano il cuore pulsante della finanza fossile: nel 2024 le banche americane hanno erogato 289 miliardi di dollari, pari a un terzo del totale. I grandi gruppi giapponesi, come Mizuho, Mufg e Smbc, hanno continuato a finanziare massicciamente il mercato statunitense, in particolare nel settore del gas naturale liquefatto (Lng). In Europa, solo Barclays figura tra le prime dieci banche globali per investimenti nei fossili, mentre alcune realtà – come La Banque Postale – si distinguono per politiche restrittive, anche se non del tutto prive di contraddizioni. La Cina, infine, si conferma il primo finanziatore mondiale del carbone, con Citic e Bank of China in prima linea.

Il rapporto dedica ampio spazio ai progetti più controversi, finanziati proprio nel 2024. Tra questi, l’espansione di Saudi Aramco, che continua a cercare nuovi giacimenti in Asia e Medio Oriente nonostante le dichiarazioni pubbliche sulla necessità di mantenere alta la produzione di petrolio. BP è coinvolta in oltre 30 paesi, con pipeline, centrali a gas e attività di esplorazione che superano ampiamente i limiti compatibili con gli impegni climatici. Anche TotalEnergies compare con progetti in Africa, Amazzonia e Papua Nuova Guinea, dove ha in corso investimenti in 8.000 milioni di barili equivalenti di nuove risorse fossili. Tra i casi più controversi, anche quello del gasdotto Coastal GasLink in Canada, contestato dalle comunità indigene Wet’suwet’en, e quello del gruppo americano Venture Global, che sta ampliando i propri terminal Lng in Louisiana, con emissioni previste equivalenti a 277 centrali a carbone. In tutti questi progetti, le grandi banche internazionali figurano come lead arranger o sottoscrittori di obbligazioni.

Un ulteriore dato che preoccupa riguarda la natura dei finanziamenti: oltre il 90% è finanza “corporate”, cioè prestiti e sottoscrizioni a livello societario e non di singolo progetto, e quindi molto più difficile da regolare. Nel 2024 è aumentata anche la finanza per fusioni e acquisizioni tra grandi operatori fossili, un fenomeno che rafforza la concentrazione del settore e ne prolunga artificialmente la redditività. Per questo, il rapporto lancia un appello ai policymaker: “Lasciato a sé stesso, il settore bancario non smetterà mai di finanziare il caos climatico. Servono regole vincolanti, trasparenza e responsabilità”.
La Repubblica