Trasparenza retributiva, solo il 7% delle imprese ha un piano

Il conto alla rovescia sulla pay transparency segna meno 365 giorni al termine ultimo per il recepimento da parte degli Stati membri della direttiva pubblicata a maggio del 2023 (2023/970) che introduce misure per garantire la parità retributiva tra uomini e donne per lo stesso lavoro o per lavori di pari valore. Poi nel 2027 scatterà l’obbligo per le aziende con oltre 150 dipendenti di presentare il primo report sulla trasparenza retributiva. Ma le aziende come si stanno muovendo? Secondo l’ultima Global Pay transparency che ha realizzato Mercer sul tema, in Europa solo il 7% ha un piano strutturato, eppure i nuovi obblighi potrebbero cambiare molte cose per le direzioni delle risorse umane. Sarà infatti necessario indicare le fasce retributive negli annunci di lavoro, garantire ai dipendenti il diritto di conoscere i criteri alla base del proprio stipendio, pubblicare report periodici sui divari retributivi di genere e implementare processi di mitigazione dei gap superiori al 5%.
Secondo quanto emerge dal report che Mercer ha realizzato tra 1.144 società in 45 paesi di cui il 35% in Europa, il 32% negli Stati Uniti, il 22% in Canada, il 7% nel Regno Unito e in Irlanda e il 4% in Asia, l’obbligo normativo è il principale motore dell’impegno sul tema per il 77% delle organizzazioni, ma ci sono anche fattori che spingono le imprese a promuovere la trasparenza retributiva, come per esempio l’allineamento ai valori aziendali, indicato dal 53% delle aziende, l’aumento della soddisfazione dei dipendenti rispetto all’equità salariale (51%) e la coerenza con le strategie di gestione dei talenti e delle politiche retributive (49%).
A livello globale il 69% delle imprese si sta muovendo verso la trasparenza retributiva. Su questo tema, però, le aspettative sono più elevate tra i candidati che tra gli attuali dipendenti, perché c’è una richiesta forte di trasparenza che arriva dallo stesso mercato del lavoro. Proprio per questo quasi sette organizzazioni su dieci sono impegnate in iniziative per aumentare la trasparenza retributiva. Delle aziende intervistate, attualmente, il 60% condivide le fasce di retribuzione delle assunzioni negli annunci di lavoro, ma nei prossimi due anni questa percentuale salirà al 94%, alla quasi totalità.
Se la trasparenza retributiva è un tema su cui si sta ragionando, tuttavia emerge che resta complessa da attuare e non c’è condivisione in modo standardizzato. Solo una minoranza di aziende europee, meno di una su dieci, condivide infatti le fasce retributive internamente ed esternamente, andando oltre i requisiti normativi. La Francia è leader nel rispetto delle leggi locali, ma non sembra voler andare oltre quanto richiesto, mentre il Regno Unito sta esplorando come condividere le fasce retributive in modo più ampio. Quanto all’Italia, la normativa non è ancora stata recepita a livello locale, ma la survey di Mercer evidenzia un crescente interesse sia tra le multinazionali che tra le Pmi, anche per implementare nuove progettualità nella gestione delle risorse umane.
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