Massimo Osti, una fondazione per forgiare i giovani designer / Foto

Bologna, 6 giugno 2025 – La notizia arriva alla fine del talk che precede l’inaugurazione della mostra ‘Ideas from Massimo Osti. From Bologna, beyond fashion’ a Palazzo Pepoli (foto), ed è il figlio Lorenzo Osti – qui con le sorelle Agata e Teresa – a comunicarla: la Fondazione Massimo Osti Archive, che nascerà molto presto a Bologna, "cercherà di intercettare giovani designer delle scuole di moda per insegnare loro il metodo Osti che parte dagli archivi e passa per i laboratori di trasformazione dove si stampa, si fa serigrafia, si stampano i tessuti. Dovremmo essere pronti a fine anno".
Una grande iniziativa che consegnerà l’eredità dell’ingegnere-designer, come veniva chiamato il visionario bolognese creatore di celebri marchi tra cui C.P. Company nel 1978 e Stone Island nel 1982, alle nuove generazioni. Chi meglio di loro saprà accoglierne gli insegnamenti e quello spirito che ha capito i tempi inventando lo Sportswear? Perché poi tutto il percorso che fece nel settore tessile, introducendo tessuti d’avanguardia e tecniche rivoluzionarie che si vedono nella mostra, hanno inizio da un nuovo e prorompente pensiero di quel suo tempo e per una gioventù che non era mai stata così.
Nel talk, ogni relatore, da Roberto Grandi a Francesca Ragazzi e fino a Enrico Brizzi, ha davvero offerto un tassello prezioso per comporre il puzzle-Osti, che viene poi suggellato dal figlio Lorenzo, oggi presidente C.P. Company e Massimo Osti Studio. "Il contesto in cui crea Massimo Osti – racconta Grandi – è quello degli anni Settanta in cui non esisteva una Bologna creativa, ma c’era una rottura all’interno dell’università, da cui nacque il Dams, che il primo anno contò 120 iscritti e l’anno dopo 1.000".
E prosegue: "Il Dams andava avanti per i fatti propri ed era percepito come luogo di trasgressione, nessuno aveva mai visto persone del genere – chi frequentava i corsi – girare a Bologna, si trattava di una città dentro la città che ha avuto un dialogo con Massimo Osti". Si aggiunge poi Francesca Ragazzi, Head of Editorial Content Vogue Italia, affermando che oggi quel che si cerca nel celebre mensile è "capire che ingredienti fanno di un creativo un innovatore, come è stato Virgil Abloh, un designer che proprio come Osti che era grafico, non veniva dalla moda, era un ingegnere, un architetto e questo ci suggerisce che non devi studiare la moda per fare la moda".
Lo scrittore Brizzi ribadisce l’importanza dell’ambiente universitario, del contesto dell’epoca, per parlare della proposta innovativa di Massimo Osti fruita dalle sottoculture. "Tante cose hanno iniziato a girare insieme e a produrre un significato proprio lì e ancora oggi i suoi capi hanno nicchie di culto che in tutti questi anni sono cresciute da sé".
Tra il pubblico spicca la moglie Daniela Facchinato, grande fotografa. C’è il regista Gabriele Salvatores, il fotografo Nino Migliori, la collezionista e dama della moda Cecilia Matteucci, l’imprenditrice Isabella Seragnoli, Stefano Bonaga, l’artista Andrea Renzini. Ora si è pronti per la mostra, è stato anche ricostruito lo studio, che sarà una visione unica, come leggere una fanzine senza tempo. Sui muri, però.

All'evento a Palazzo Pepoli l'atteso annuncio: nascerà una fondazione a suo nome e insegnerà ai giovani delle scuole di moda il metodo per innovare lo stile con la tecnologia
İl Resto Del Carlino