Di Francesco tocca il cuore: «Lecce, ci guiderà Graziano»

«Ringrazio il presidente Sticchi Damiani, i direttori Corvino e Trinchera e tutta la società per l’opportunità che mi hanno dato di tornare a Lecce a distanza di 14 anni dalla precedente esperienza. Al di là di come è terminata, sono fiero per quello che è stato il mio passato nel Salento. Sono qui con il mio nuovo staff, ma il mio pensiero va a Graziano Fiorita, un vero amico, che ci mancherà. Lotteremo per raggiungere la salvezza con lui che ci guiderà da lassù». È con queste parole che il neo allenatore giallorosso Eusebio Di Francesco si presenta nella sala stampa “Sergio Vantaggiato”.
Fa quindi un raffronto con il 2011/2012: «Trovo una situazione del tutto differente. All’epoca c’era un club che stava esaurendo il proprio ciclo, con tanti giocatori in prestito. Si viveva un clima particolare. Oggi posso contare su una società solida, con una programmazione che guarda al futuro, con tanti calciatori di proprietà. Inoltre, io ero inesperto. L’avventura di 14 anni fa è stata caratterizzata da una alternanza di risultati strani. Su tutti l’incredibile 3-4 maturato contro il Milan al “Via del Mare”, dopo avere chiuso il primo tempo avanti per 3-0. È uno dei motivi per i quali ho voluto fortemente questa piazza». Circa il modulo prescelto è netto: «È il 4-3-3 ma, fermo restando il sistema di gioco, gli atteggiamenti tattici difensivi ed offensivi mutano a seconda delle avversarie che si affrontano, delle loro caratteristiche. Questa è l’evoluzione del calcio moderno. La costruzione dal basso non deve essere mai fine a se stessa, ma il mezzo per arrivare a fare gol. E comunque la scelta dipende da come ti vengono a prendere gli avversari perché se scelgono l’uno contro uno sono loro che determinano. Allo stesso modo, se invece ti “aspettano”, allora lanciare la palla in avanti significa consegnarla a chi difende».
Sul suo atteggiamento in seno allo spogliatoio, con i calciatori, sottolinea: «Sono me stesso. So cosa voglio dai giocatori e so come e quando usare la carota o il bastone. Ma credo soprattutto nel dialogo, nel fare condividere e nel fare comprendere quello che si fa nel lavoro quotidiano e con quali finalità». Viene da due retrocessioni, maturate alla guida del Frosinone, nel 2023/2024, e del Venezia, nel 2024/2025: «Il passato è un grande contenitore di esperienze. Sotto tutti i punti di vista. Nella prima annata in Ciociaria, la salvezza ce l’hanno un po’ portata via. In una stagione, poi, ci sono alcuni passaggi-chiave. Nell’esperienza in laguna, uno di questi è coinciso con la partita di andata con il Lecce. Al termine della prima frazione nessuno avrebbe ipotizzato una vittoria dei salentini, ma abbiamo creato tanto senza segnare». Sul mercato chiarisce: «Le caratteristiche dei singoli fanno la differenza. Faccio un esempio. Se dispongono di un terzino più portato a spingere che a difendere è importante averne un altro che dia maggiori garanzie nella fase di non possesso. Cercheremo di creare delle “coppie” che abbiano doti differenti. Inoltre, sono importantissimi i giocatori che sanno superare l’uomo nell’uno contro uno, dando la superiorità numerica. Nella passata stagione, Krstovic ha dimostrato di essere un ottimo attaccante, ma penso che in giallorosso ci siano giovani molto interessanti ed anche alcuni calciatori che hanno solo bisogno di ritrovare quella brillantezza che hanno già messo in mostra in passato. Penso a Banda, che deve ritrovare fiducia».
Sulla scelta di accasarsi con il sodalizio di via colonnello Costadura, sottolinea: «Ripensando al mio passato nel Salento, di Lecce ho bei ricordi. Qui ho tanti amici. In questa terra sono tornato in vacanza. Quando ho detto a Massimo Neri (il preparatore atletico ndc) che mi ha chiamato il Lecce, lui mi ha risposto senza la mina esitazione: “accetta immediatamente”. Aggiungo che tra me ed il direttore Corvino c’è una storia che risale ai tempi in cui lui era alla Fiorentina (lo avrebbe voluto alla “Viola” ndc)». Sul clima che si respira al “Via del Mare”: «Da avversario, giocare a Lecce non è affatto facile. Per la passione dei tifosi, per il loro attaccamento alla maglia, per lo stadio sempre pieno, per l’enorme numero di abbonati. Toccherà poi a noi portare il pubblico dalla nostra parte. Innanzitutto con l’atteggiamento, che dev’essere sempre quello di dare tutto. Poi con il gioco e con i risultati». Nel 4-3-3 avrà un peso notevole il regista: «Deve sapere muovere la palla prima di tutto in verticale, tra le linee, dialogare con i compagni, ma anche difendere. Deve avere fisicità, corsa e tecnica. Pierret è in grado di ricoprire il ruolo». Nel modulo che intende attuare non c’è posto per il trequartista. Quale sarà il destino di Helgason? «Può fare la mezzala, che dev’essere un po’ un trequartista quando si attacca. Cambia invece la maniera nella quale si difende. Il calcio è dinamico, non statico».
La chiosa finale è sul Lecce che si aspetta: «La nostra forza dovrà essere in tutti i sensi l’equilibrio. Negli atteggiamenti, ma soprattutto in campo. Il Lecce dovrà sapere quando soffrire e difendere, ma anche quando attaccare ed aggredire gli avversari».
La Gazzetta del Mezzogiorno