La vittoria, il ricordo del papà e le lacrime: Sartori, occhi di ragazzo

Nella pancia dell’Olimpico, che grondava di gioia bolognese, Giovanni Sartori ha pianto. Come aveva pianto nel maggio 2022, quando si era presentato come nuovo ds: "L’ho preso come un segno del destino, perché il Bologna era la squadra del mio papà. Quando veniva a giocare a San Siro, mi portava sempre a vederlo. Scusate l’emozione…". La voce si era rotta. Mercoledì Sartori sentiva che tra i tanti bolognesi felici, in questo mondo o in quell’altro, c’era anche "il suo papà". E gli occhi si sono inumiditi ancora.
Le lacrime mantengono giovane il cuore. "Occhi di ragazzo", direbbe Gianni Morandi. Gli occhi sono gli arnesi del mestiere che Sartori non ha mai barattato con algoritmi o altre scorciatoie digitali. Il poeta bolognese Guido Guinizzelli insegnava che l’amore passa dagli occhi, come il lampo dalla finestra. Anche nel calcio. Sartori infatti si è sempre innamorato dei giocatori osservandoli dal vivo: 200 partite all’anno all’Atalanta, un centinaio ora. Così ha trovato i Koopmeiners, i Calafiori e tutti quelli che hanno fruttato plusvalenze d’oro; così ha animato tre favole: Chievo, Atalanta, Bologna. Protagonista, ma nascosto. A Sartori piace vedere, ma non farsi vedere, a differenza di tanti colleghi che fanno la ruota nei prepartita, anche se magari hanno azzeccato mezza stagione. Ma tutti conoscono il valore di Sartori. Infatti il Milan ci sta facendo un pensierino. Si metterebbe in casa un ex e, soprattutto, un uomo che sa piangere. Tra gli architetti della sciagurata stagione rossonera non se ne vede uno che sappia commuoversi per passione o per vergogna.
La Gazzetta dello Sport