Abuso d’ufficio: assolto l’ex sindaco di Foggia, Landella. Il reato non è più previsto dalla legge

“Il fatto non è più previsto dalla legge come reato”. Con questa formula, il Tribunale di Foggia ha assolto Franco Landella, ex sindaco del capoluogo dauno, nel processo sulla presunta compravendita e assegnazione illecita di case popolari. L’assoluzione è giunta nel pomeriggio di ieri, dopo che anche la pubblica accusa ha accolto la richiesta della difesa.
Il reato abrogato e la decisione della ConsultaLandella era accusato di abuso d’ufficio per aver adottato nel febbraio 2020 un provvedimento di assegnazione di una casa popolare a una donna estranea all’indagine, nonostante l’atto dovesse essere firmato da un dirigente comunale. Una contestazione marginale, rispetto al quadro accusatorio più ampio che coinvolge altri 10 imputati. Ma il reato di abuso d’ufficio è stato abrogato dal Parlamento a luglio 2024.
Il 10 dicembre scorso, il pubblico ministero aveva sollevato un’eccezione di legittimità costituzionale, ritenendo la norma abrogativa in contrasto con i principi dell’ordinamento europeo. Il Tribunale, pur non ritenendo l’eccezione infondata, aveva sospeso il procedimento e trasmesso gli atti alla Corte costituzionale. La Consulta ha infine ritenuto legittima la scelta del legislatore, aprendo così la strada all’assoluzione di Landella.
Il procedimento principale: 15 capi d’accusaIl processo principale prosegue per gli altri imputati, 10 in tutto, tra cui un ex assessore comunale, funzionari, dipendenti pubblici e privati cittadini. Sono 15 i capi d’imputazione complessivi, che vanno dalla tentata estorsione all’induzione indebita, dal traffico di influenze illecite al falso, fino all’invasione di immobili.
Quando i giudici emetteranno la sentenza, anche per i cinque coimputati originariamente accusati di abuso scatterà l’assoluzione per quel solo capo, ormai non più previsto dalla legge. Resteranno in piedi le imputazioni residue, molte delle quali gravi e legate all’assegnazione irregolare di alloggi pubblici.
Il caso Bove: tra tangenti, pressioni e vendetteAl centro dell’indagine, l’ex assessore al bilancio Antonio Bove, con delega alle politiche abitative. Secondo l’accusa, nel giugno 2019 avrebbe ricevuto 1500 euro da Domenico Napolitano, uno degli imputati, in cambio dell’assegnazione di un appartamento dell’Arca, l’agenzia regionale per la casa. Il padre Luigi Napolitano e Giovanni Ferrazzano, anche loro imputati, avrebbero minacciato Bove e danneggiato la sua auto per ottenere lo stesso risultato.
Le indagini, scattate proprio a seguito di quel danneggiamento, si sono poi allargate. Bove è accusato anche di aver chiesto tra i 10mila e i 30mila euro a un cittadino, in cambio dell’assunzione della figlia in Comune o in una società partecipata.
Tra regali, pressioni e assegnazioni irregolariIl quadro ricostruito dalla procura comprende episodi che sarebbero avvenuti tra il 2019 e il 2020. Lucia Livrieri e Silvia Pacello – secondo l’accusa – avrebbero cercato di ottenere un alloggio per la Livrieri, già assegnataria in passato, attraverso pressioni su Bove. In cambio della mediazione illecita, la Livrieri avrebbe regalato alla Pacello un telefonino e un braccialetto.
Sono inoltre sotto processo le dipendenti comunali Anna Rosaria Ester De Nisi e Ida Paranzino, accusate di falso in atti pubblici e abuso, per aver favorito indebitamente alcune assegnazioni. Luigi Cappuccio e Raffaella Ziccardi, infine, rispondono di aver occupato abusivamente una casa popolare di proprietà di Arca Capitanata.
Tutti gli imputati respingono le accuse. Il processo va avanti con l’esame delle testimonianze e dei documenti, mentre l’assoluzione di Franco Landella – pur marginale nel contesto generale – segna un punto fermo in una vicenda giudiziaria complessa e ancora tutta da definire.
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