Perché l’Adhd è diventato il disturbo più cercato in Italia

Maggio è il Mese della Salute Mentale (“Mental Health Awareness Month“), osservato in molti Paesi, tra cui gli Stati Uniti, e in modo crescente anche in Europa e in Italia. L'obiettivo principale è aumentare la consapevolezza sull'importanza della salute mentale, combattere lo stigma legato ai disturbi mentali, e promuovere l'accesso a risorse e supporto. Al giorno d'oggi, tutti, grazie a internet, possono cercare informazioni sui sintomi e sulle malattie in pochi secondi. Ma quali sono le principali difficoltà psicologiche e i sintomi più cercati online in Italia e in Europa? E quali sono le percezioni, le aspettative e le sfide legate al benessere mentale?

Per rispondere a queste domande ci siamo fatti aiutare da Unobravo, realtà di riferimento in Europa per l'offerta di servizi di supporto psicologico online, che ha analizzato i dati di ricerca di Google per individuare gli indicatori, le emozioni e le sintomatologie psicologiche più comunemente ricercati in Europa e in Italia e che ha pubblicato la prima edizione dell'Unobravo MINDex - Il Barometro del Benessere Mentale degli Italiani, un'indagine approfondita su percezioni, aspettative e sfide legate al benessere mentale.
La classifica delle sintomatologie più ricercatePer quanto riguarda le sintomatologie più ricercate i risultati dell'indagine parlano chiaro: al primo posto per numero di ricerche troviamo l'ADHD (Disturbo da deficit di attenzione e iperattività), con una media di 146.000 ricerche mensili, segno di una crescente attenzione, e forse anche di una maggiore consapevolezza, nei confronti di una condizione spesso sottovalutata negli adulti. A seguire, troviamo il Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC) con 55.700 ricerche mensili, e l'Alzheimer, con 54.000. Quest'ultimo dato evidenzia anche la preoccupazione legata all'invecchiamento e alla salute mentale nella terza età, un tema sempre più centrale in una società che invecchia progressivamente. Il burnout, con 40.000 ricerche, conferma invece il peso crescente dello stress da lavoro sulla salute psicologica degli italiani.
La depressione, una delle condizioni più note e diffuse, si colloca al quinto posto con 36.500 ricerche mensili. Sebbene non sia in cima alla classifica, resta uno dei temi più importanti in ambito psicologico, e il numero di ricerche suggerisce una continua necessità di comprensione, supporto e informazione. Insomma, un quadro che evidenzia chiaramente non solo i disturbi più diffusi, ma anche un maggiore interesse verso la salute mentale da parte degli italiani.
L'81% degli italiani ritiene il disagio psicologico come un indice di fragilità caratterialeIl Barometro della Salute mentale degli italiani invece, ha coinvolto sia il pubblico (un campione casuale di 2250 adulti tra i 18 e i 50 anni in Italia, con un elevato numero di risposte femminili e di età superiore) sia i professionisti clinici esplorando tre aree: la percezione della salute mentale nella società e nel discorso pubblico, esperienze, ostacoli e il ruolo della terapia psicologica e la cura della mente nei luoghi di lavoro. Sebbene cresca l'attenzione sul benessere psicologico, la strada per sconfiggere stigma, disinformazione e retaggi culturali è ancora in salita. Infatti, solo una minoranza degli intervistati – il 16% – percepisce la salute mentale come un argomento affrontato apertamente, con gli uomini (19%) più ottimisti rispetto alle donne (13%), mentre il 28% ritiene che rimanga ancora un tema delicato e difficilmente discusso.
Il dato che emerge con maggiore forza è che, per l’81% degli italiani, il disagio psicologico è ancora visto come un indice di fragilità caratteriale. A riscrivere la narrazione, le generazioni più giovani: ben il 43% dei rispondenti nella fascia 18-29 anni crede che sia in corso una trasformazione positiva nel modo in cui si guarda alla salute mentale.
Tra i 18 e i 29 anni il 38% nasconde il proprio disagio emotivoUno degli aspetti più preoccupanti emersi riguarda il comportamento di tanti italiani, soprattutto donne e giovani, costretti spesso a fingere di star bene. A livello generazionale, la situazione è ancora più accentuata tra i 18 e i 29 anni: ben il 38% afferma di aver dovuto nascondere il proprio disagio emotivo, tra questi, il 20% lo fa quotidianamente. Per quanto riguarda gli over 40, il 36% dichiara invece di non fingere mai o quasi mai. Questo fenomeno evidenzia la persistente difficoltà, nella nostra società, di normalizzare la vulnerabilità emotiva come componente legittima dell'esperienza umana.
Del resto, questa “maschera“ è spesso indossata per difendersi da commenti stereotipati: più di 4 italiani su 10 hanno dichiarato di aver sentito o pronunciato la seguente frase: “Tutti hanno dei problemi, affrontali“. Le donne riportano più spesso degli uomini di sentirsi rivolgere questa espressione (48% vs. 38% degli uomini). Anche tra i più giovani, un gruppo consistente racconta di essere stato liquidato con espressioni come “atai solo esagerando“ (39%).
L'impatto della pandemia come acceleratore nella domanda di supporto psicologicoInsomma, un quadro drammatico al quale si aggiunge il ruolo di acceleratore nella domanda di supporto psicologico che ha avuto l'impatto della pandemia: il 66% dei professionisti clinici ha registrato un aumento delle richieste già a partire dal primo lockdown, stimato in molti casi tra il 26% e il 50%.
E per fare ulteriore chiarezza su come mai l'ADHD è al primo posto, per capire quali persone sono le più colpite da questi tipi di disturbi e per spiegare come queste patologie sono cambiate con l'avvento dei social media abbiamo intervistato la direttrice clinica di Unobravo, Valeria Fiorenza Perris che a Luce! ha anche spiegato come fare a non creare allarmismo tra le persone colpite da questi sintomi.
Le donne sperimentano più frequentemente ansia sociale e bassa autostima
Direttrice Perris, come mai, tra i disturbi psicologici più cercati online in Italia, l'ADHD è al primo posto?
“Negli ultimi anni si è registrata una crescente consapevolezza sull'ADHD, in particolare nella sua forma adulta, spesso sottodiagnosticata fino a tempi recenti. Il fatto che l'ADHD risulti oggi il disturbo psicologico più cercato online, conferma un bisogno diffuso di informazioni e chiarimenti. L'aumento della visibilità sui social, le testimonianze personali condivise da creator e influencer e l'evoluzione del linguaggio clinico più accessibile hanno contribuito a rendere il tema meno stigmatizzato e più discusso, portando molte persone a identificarsi nei sintomi e a cercare supporto o diagnosi”.
Per la sua esperienza, quali sono le persone che soffrono di più di questi cinque disturbi? Gli uomini o le donne? I giovani/adolescenti o le persone più anziane?
“Secondo la nostra ultima indagine, sono soprattutto le donne a riportare un maggiore impatto sulla propria salute mentale. In particolare, rispetto alla controparte maschile, sperimentano più di frequente ansia sociale e bassa autostima. Il 74% delle pazienti di Unobravo sono infatti donne, con un'età media di circa 33 anni. In generale, i giovani adulti sembrano i più colpiti: l'87% degli utenti ha meno di 40 anni. Si tratta di una fascia d'età che sta affrontando numerosi cambiamenti (identitari, lavorativi, familiari), spesso senza gli strumenti adeguati per gestirli, il che spiega la maggiore richiesta di supporto psicologico“.
Il cambiamento con i social mediaCon i social media è cambiata un po' la percezione verso queste patologie?
“Sì, i social media hanno avuto un ruolo chiave nel rendere più visibili temi legati alla salute mentale, contribuendo a ridurre lo stigma. Sempre facendo riferimento all'ultima ricerca che abbiamo condotto, oggi le persone si sentono più libere a parlare del proprio malessere, anche grazie alla normalizzazione del percorso terapeutico. Tuttavia, va sottolineato che la diffusione di contenuti non sempre scientificamente accurati può portare a una sorta di ‘autodiagnosi fai da te’ o a una banalizzazione dei sintomi. Per questo è fondamentale distinguere tra divulgazione utile e contenuti sensazionalistici o fuorvianti“.
Come si fa a fare una buona e sana informazione per non creare allarmismo tra le persone colpite da questi disturbi?
“È essenziale affidarsi a fonti autorevoli e professionisti qualificati. La buona informazione parte da un linguaggio chiaro ma rigoroso, che eviti etichette o semplificazioni. Un altro aspetto chiave è la normalizzazione del disagio, senza però minimizzarlo: raccontare che è comune sentirsi sopraffatti in certi momenti, ma che esistono strumenti per affrontarle ciò che ci preoccupa, può essere molto più utile che creare allarmismo. Anche il ruolo dei media è cruciale: dare spazio a esperienze autentiche e a spiegazioni professionali aiuta a costruire un dialogo più empatico e informato“.
Quali sono le conseguenze di una scarsa salute mentale sulla qualità della vita?
“Una salute mentale trascurata ha un impatto profondo su ogni ambito della vita: dai rapporti interpersonali alla produttività lavorativa, dal sonno alla gestione dello stress. I disturbi emotivi e comportamentali sono oggi tra le principali cause di disagio tra gli italiani. Ignorarli non può che portare a un peggioramento dei sintomi, a difficoltà relazionali e a una crescente sensazione di solitudine. Investire nella propria salute mentale significa, di fatto, migliorare la qualità della propria vita in modo concreto e duraturo“.
Luce