Vertice Brics senza Cina (né coraggio). Condannati attacchi a Gaza e Iran, ma i Paesi emergenti girano le spalle a Kiev


Non passerà alla storia come una svolta nell’ordine mondiale il vertice dei capi di Stato e di governo dei Brics in Brasile. La Dichiarazione di Rio de Janeiro, sottoscritta al termine dei lavori dai rappresentanti degli undici Paesi che oggi compongono il blocco delle economie emergenti, si è distinta per toni cauti, formule generiche e un chiaro intento di evitare frizioni con gli Stati Uniti su tutti i dossier affrontati.
Nel complesso, si è registrata una difesa del multilateralismo dai toni accomodanti. Le critiche alla guerra dei dazi lanciata da Donald Trump sono risultate attenuate, forse su impulso cinese. In questo senso, si è fatta sentire l’assenza del presidente cinese Xi Jinping che, probabilmente per non compromettere il dialogo in corso con Washington, ha preferito non associare il proprio nome a un testo che, seppur con prudenza, contiene critiche alle politiche statunitensi. La dichiarazione, in ogni caso, si è limitata a esprimere “serie preoccupazioni per l’aumento di misure tariffarie e non tariffarie unilaterali che distorcono il commercio e sono incompatibili con le regole dell’Organizzazione mondiale del Commercio”.
La cautela ha prevalso anche sulla questione iraniana. Alla fine, i Brics hanno “condannato gli attacchi militari contro la Repubblica Islamica dell’Iran dal 13 giugno 2025” ed espresso “profonda preoccupazione per l’escalation successiva della situazione di sicurezza in Medio Oriente”, senza però citare esplicitamente né gli Stati Uniti né Israele. Sul fronte europeo, la dichiarazione ha certificato invece la decisione dei Brics di voltare le spalle all’Ucraina, condannando “nei termini più forti” soltanto gli attacchi contro ponti e infrastrutture ferroviarie nelle regioni russe di Bryansk, Kursk e Voronezh “che hanno deliberatamente preso di mira civili, causando numerose vittime tra cui bambini”, senza menzionare l’invasione russa.
L’unico passaggio più deciso ha riguardato Gaza, dove i Brics, ribadendo “profonda preoccupazione per la situazione nel Territorio palestinese occupato, di fronte alla ripresa di attacchi continui di Israele contro Gaza e all’ostruzione dell’ingresso di aiuti umanitari nel territorio”, hanno fatto appello al rispetto del diritto internazionale, “condannando tutte le violazioni del diritto internazionale umanitario, incluso l’uso della fame come metodo di guerra” e “i tentativi di politicizzare o militarizzare l’assistenza umanitaria”. È stato poi riaffermato con forza il sostegno alla soluzione a due Stati nel rispetto dei confini del 1967, considerata “l’unico mezzo” per garantire pace e stabilità.
Riconoscendo la leadership delle superpotenze del gruppo, Brasilia e Nuova Delhi hanno rilanciato il proprio protagonismo nella riforma dell’Onu con il malcelato obiettivo di ottenere un seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza. “Sottolineiamo la registrazione del sostegno di Cina e Russia” per un maggiore protagonismo di Brasile e India in questo organo dell’Onu, andando incontro alle “legittime aspirazioni dei paesi emergenti e in via di sviluppo dell’Africa, Asia e America Latina, inclusi i paesi del Brics”.
In ambito economico, la dichiarazione ha richiamato la necessità di una riforma delle istituzioni di Bretton Woods (Fondo monetario internazionale e Banca mondiale), chiedendo “un aumento delle quote dei paesi emergenti e in via di sviluppo”. Come contrappeso, i Brics hanno rilanciato la loro Nuova Banca di Sviluppo (Ndb) evidenziando il suo “ruolo crescente di agente robusto e strategico di sviluppo e modernizzazione nel Sud del mondo”, grazie alla capacità di “mobilitare risorse”, “espandere il finanziamento in valuta locale” e sostenere progetti che “riducano le disuguaglianze”.
Le pressioni statunitensi, accompagnate da pesanti minacce di ritorsioni da parte di Donald Trump, hanno frenato ogni slancio sul progetto di una valuta alternativa al dollaro per gli scambi intra-Brics. Il blocco non ha comunque abbandonato l’iniziativa, spinta soprattutto dal presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva, che tuttavia ha dovuto accontentarsi di una dichiarazione d’intenti sul “rilancio dell’Iniziativa di Pagamenti Transfrontalieri del Brics” e “l’impegno nella ricerca di meccanismi di finanziamento in valute locali accettabili”.
Sul fronte ambientale, i Brics hanno riaffermato l’impegno a “combattere il cambiamento climatico e promuovere uno sviluppo sostenibile giusto e inclusivo”, confermando il pieno sostegno all’Accordo di Parigi, alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti climatici (Unfccc) e alla presidenza brasiliana della Cop30 a Belém. Alla dichiarazione principale si sono affiancati, per la prima volta, tre documenti aggiuntivi: la Dichiarazione-quadro sul Finanziamento climatico, quella sulla Governance globale dell’Intelligenza Artificiale e la Partnership per l’eliminazione delle malattie determinate socialmente. Un successo marginale della diplomazia brasiliana, che però non è riuscito a risollevare il bilancio modesto del summit carioca.
(nella foto Lula col primo ministro del Vietnam, Phạm Minh Chính)
Il Fatto Quotidiano