Caso Almasri, governo Meloni sotto il ricatto della Libia e Nordio nelle mani dei tagliagole?

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Caso Almasri, governo Meloni sotto il ricatto della Libia e Nordio nelle mani dei tagliagole?

Caso Almasri, governo Meloni sotto il ricatto della Libia e Nordio nelle mani dei tagliagole?

La difesa del governo italiano

Una nuova memoria alla Corte penale internazionale. Ma se davvero Tripoli ci minaccia, cosa aspettiamo a disdire gli accordi?

Foto Roberto Monaldo / LaPresse
Foto Roberto Monaldo / LaPresse

Il governo italiano ha mandato alla Corte penale internazionale dell’Aja una nuova memoria per provare a difendersi sul caso Almasri. Cioè sull’”evasione” da un carcere italiano, a bordo di un aereo dei servizi segreti italiani, di Osama Almasri, uno dei capi delle milizie libiche che trafficano migranti, e li arrestano, li stuprano, li torturano e li uccidono. Almasri era ricercato dalla Corte dell’Aja che aveva spiccato un mandato di cattura internazionale. La Digos lo aveva arrestato a Torino. La Corte d’appello di Roma 48 ore dopo aveva ordinato la scarcerazione per ragioni burocratiche, e cioè perché non era arrivata una firma del ministro che era necessaria per completare le procedure. Il ministro aveva dichiarato ai giornali che lui stava esaminando il caso, ma in realtà, mentre lo esaminava, il governo di cui è ministro aveva già spedito un Falcon a prelevare Almasri e riportarlo in salvo e libero a Tripoli.

Il governo italiano, con questa nuova memoria, sostiene diverse tesi molto strampalate e in contraddizione tra loro. Dice di aver dovuto accogliere una richiesta di estradizione dalla Libia, ma certo la spedizione in poche ore del ricercato a bordo di un falcon degli 007 italiani non è la procedura giusta per accogliere una richiesta di estradizione. E poi è chiaro che un mandato di cattura internazionale prevale sull’estradizione. Poi però il governo si corregge e sostiene che non si è trattato di una estradizione ma di una decisione presa “in stato di necessità”. Cioè perché si riteneva che la mancata liberazione potesse provocare pericolose ritorsioni da parte della Libia. Infine la memoria sostiene anche che la Procura non ha nessuna competenza su questo procedimento, che è un affare che riguarda solo la Corte e lo Stato Italiano. E spiega che Nordio non poteva prendere la decisione se firmare o non firmare, perché il caso era molto complesso, e di conseguenza invoca la buonafede del ministro. Ma gli accordi internazionali – sottoscritti da Roma – dicono che Nordio non doveva esaminare proprio nulla. Solo verificare la correttezza formale della richiesta e firmare.

Tra i vari argomenti molto fantasiosi escogitati dal governo, il più preoccupante è quello sullo “stato di necessità”. Supponiamo anche che effettivamente esistesse uno stato di necessità. Innanzitutto bisognerebbe spiegare in che consisteva questo stato di necessità. Forse si temeva che Almasri, costretto a difendersi, potesse rivelare particolari inquietanti, o illegalità, nei rapporti tra diversi governi italiani e le milizie libiche? In questo caso non si tratterebbe di stato di necessità nazionale, ma di panico da parte di un certo numero di ministri o ex ministri. Oppure – come si accenna alla memoria – semplicemente c’era il timore che i libici potessero vendicarsi sui cittadini italiani residenti nel loro paese? Beh, in questo caso bisognerebbe chiedersi come è possibile che esista un accordo di cooperazione con un governo che minaccia i tuoi cittadini solo perché tu stai eseguendo un mandato di cattura. Non sarebbe necessario disdettare immediatamente il protocollo di collaborazione tra Italia e Libia?

La posizione del governo italiano diventa sempre più inquietante. Quantomeno la posizione del ministro che non ha firmato, rendendo possibile, anzi inevitabile, la fuga di Almasri, e la posizione del ministro dell’Interno che ha messo a disposizione l’aereo dei servizi segreti per completare la fuga. In attesa dei passi che compirà la Corte dell’Aja, sarebbe logico e molto dignitoso se i due ministri, per levare di imbarazzo la premier, mettessero i loro mandati, dimettendosi.

l'Unità

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