Elly Schlein sfida la Rai ma riempie i palinsesti Rai. La maratona referendum tra megafoni scalcagnati e macchinoni


Il racconto
Va in scena la protesta del Pd contro la Rai ma la segretaria fa il pieno di ospitate. Landini definisce il Jobs act "legge balorda", Conte attacca il governo. Una giornata pannelliana
Marco Pannella, perdonaci, è impossibile. La rivoluzione non si può fare perché ci conosciamo tutti e andiamo tutti in Rai. Il giornalista, di sinistra, che dovrebbe seguire la protesta contro Tele Meloni? Sta per entrare, qui, a Via Teulada 66, ospite Rai. Elly Schlein che manifesta contro il silenzio referendario Rai? E’ ripresa dalle telecamere Tgr Rai, finisce la sua giornata al Tg2 Post e oggi fa Cinque Minuti e Porta a Porta. Olè. Il più, bello, bellissimo, Francesco Rutelli, che arriva, per caso, si scusa, “mi attendono ai Fatti vostri”.
Un macchinone, nero, nero, sosta e chi scende? Il regista Michele Guardì, da 53 anni in Rai, perché il Jobs act sarà forse abolito, ma il pensionato è sempre Act. Sono giornate radicali, pannelliane, da Elly va in città, come Caterina, la maratona del “vergogna”, per riparare, dice Schlein, “agli sbagli della nostra parte”, Il vecchio Pd è ormai più scaracchiato di Salvini e il parcheggio più desiderato del terzo mandato.
Ore 11, presidio Pd a Teulada, e nelle sedi Rai, di tutta Italia; ore 18, evento a Roma, a piazza Vittorio, con Schlein, Conte, Bonelli e Fratoianni, lì dove si inala profumo intenso di erbe vagabonde (sì, ci siamo capiti). Si manifesta contro il tacere della Rai, sui referendum perché, dice Schlein, da Teulada, “gli italiani devono sapere, devono essere informati”. Sicuri? Il megafono è scalcagnatuccio (compagno Ugo Sposetti, ex tesoriere comunista, pensaci tu, acquistane uno come si deve) il funzionario Rai, con quasi macchinone, alla segretaria Pd, e amici, suggerisce di spostarsi: “Raga’, nun se passa. Devo anna’’”. Il governo Meloni si ferisce da solo, in Friuli Venezia Giulia, un ministro come Luca Ciriani, con un’intervista al Gazzettino, di due pagine (richieste) terremoticchia Salvini, un governatore leghista come Max Fedriga, l’arciduca, è pronto a chiedere un patto di lealtà a Meloni (ma la premier ha la febbre) e forse anche un rimpasto di giunta, vabbè, capitano alcune cose di non poco conto, ma qui si va tutti, con er macchinone (chi ce l’ha) a seguire la segretaria, in città. Viale Mazzini, la sede Rai, è stata abbandonata e sembra l’hotel di Shining con il fantasma di Mario Orfeo che gira la notte con il triciclo. Problema, dove manifestare? E soprattutto, con chi? Di lunedì mattina?
La segretaria Pd forma un manipolo di volenterosi che Macron si sogna. A sfidare la Rai c’è Stefano Graziano, er mejo, il capogruppo in Vigilanza Rai (Vigilanza che non funziona da sei mesi) ma come rinforzo si aggiungono Marianna Madia (la incontriamo ad altezza Cassazione, a piedi perché lei non ha er macchinone) Andrea Casu, l’anti Elon Musk, e poi anche Michela Di Biase, la Hepburn della sinistra, che fa colazione a Teulada. Marta Bonafoni, la Fazzolarina di Elly, vorrebbe già riorganizzare una festa di compleanno a sorpresa, per la segretaria, ma il dovere chiama. C’è pure lei, in prima fila, come capo struttura. Insomma, la presenza Pd è minuta, scarsa, ma in questi casi non si deve guardare allo share ma alla sperimentazione pannelliana. Il deputato Marco Meloni, l’altro Meloni del Pd, si presenta con il mocassino lucidissimo, nero; Claudio Mancini, il prosindaco di Roma, ha un gilet che fa Terzo polo, o forse, giocatore di polo; Filippo Sensi tarda ad arrivare come la primavera di Franco Battiato: “Ma io ci sono sempre con il pensiero”. I militanti non ci sono, ma in compenso c’è la sindacalista Giulia della Cgil che informa il compagno: “Oggi pomeriggio abbiamo anche una commemorazione”. In meno di venti minuti contiamo almeno sette “macchinoni” perché il vero tema non è l’Agcom, con i suoi dati, ma i macchinoni della Rai che sfrecciano a 280 all’ora! Schlein, furbissima, che ha er macchinone, per ragioni di sicurezza, chiede all’autista di essere lasciata all’angolo perché er macchinone fa molto dg di Rai San Marino. Detto tra noi: ci siamo solo noi, giornalisti, Journalai (gli originali li trovate su Instagram) e i dipendenti Rai che telefonano fuori dai balconi. Er mejo, Graziano, prende il megafono e racconta che il “governo non attua il Media Freedom act” ma mentre lo dice, Enzo Foschi, segretario del Pd Roma, srotola un lenzuolino (forse è lo stesso che ha usato Riccardo Magi) con la frase, scritta con l’Uniposca: “No Telemeloni”. Sembra di essere tornati a scuola, durante le autogestioni. E’ tutto così gestito, rapido, che la parola passa alla segretaria Elly-Pannella che ci assicura: “Noi faremo una maratona per avere una corretta informazione, perché, dovete sapere, che dall’otto agosto l’Italia sarà in mora per non avere approvato il Freedom Act”. Il leghista Claudio Borghi se la sentisse, e che ride ancora per i nostri pezzi (sulla mancata approvazione del Mes) potrebbe anche lui fumare erbe vagabonde. Un birbantello di giornalista chiede a Madia: “Ma lei come voterà?” e Madia, che sta con i riformisti del Pd, quelli che non vogliono abolire il Jobs Act (che Landini definisce dopo “legge balorda”) spiega: “Io voterò sì a due dei cinque quesiti, perché il Jobs Act è una buona riforma”. L’erba vagabonda comincia a fare il suo effetto, straniante. Alle 18, a oltranza, a piazza Vittorio, la birra è a offerta libera, omaggiata dal segretario Landini (ma quanto sta spendendo per il referendum?) il cappellino, la borsa di tela, anche questi sono a free. Finisce con Giuseppe Conte, sul palco, che parla per ultimo per dire: “Non facciamoci prendere in giro da questo governo che sta con le banche e con i poteri forti”, con Schlein che ripete: “Che ne sanno loro della carne viva! Che ne sanno”. Il più efficace è Nicola Fratoianni: “Pensate a La Russa e votate”. L’otto e il nove giugno tutti alle urne per scegliere: er macchinone o il triciclo ?
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