G7, agenda in tilt per la crisi Israele Iran. Timori per la linea dura americana

CALGARY – Due giorni fa, in un salone del resort con vista sulle Montagne rocciose. Alle nove in punto si riuniscono gli sherpa del G7. Sugli schermi tv scorrono le immagini della contraerea di Teheran, poi dei missili su Tel Aviv. Il capo dei diplomatici canadesi è scosso, si consulta con i colleghi. Rischia una crisi di nervi: in un attimo, le conclusioni del summit dedicate solo all’intelligenza artificiale, alle tecnologie quantistiche e al contrasto degli incendi appaiono semplicemente lunari.
Tutto diventa chiarissimo: è alle porte un summit di guerra. Si dissolvono giorni di trattative, virgole limate, equilibrismi lessicali. Si impone la cronaca, il copione è da riscrivere. Gli europei si mostrano subito aperti all’opzione di inserire un riferimento al nuovo conflitto nel testo finale. Ci proveranno, ma al momento non c’è. Ne discuteranno i leader, nel corso della cena del lunedì sera dedicata alla geopolitica. E nessuno può garantire che il vertice, già azzoppato dagli Usa per le divergenze sull’Ucraina, non si trasformi nella foto di un’impotenza.
I canadesi procedono per gradi, in queste ore. Marcando stretto gli eventi. Si sono dati altre ventiquattr’ore per capire quanto calcare la mano sull’appello a una ripresa dei negoziati sul nucleare, ma al momento prevale lo scetticismo: Tel Aviv e Teheran non sembrano volersi fermare. Inserire un richiamo alla nuova guerra è complesso anche a causa di un altro dato: i veti americani hanno cancellato ogni richiamo a Kiev e Gaza, adesso è difficile immaginare un passaggio limitato alla crisi iraniana. Sembrerebbe un nuovo schiaffo all’Ucraina (Zelensky, tra l’altro, sarà ospite del summit), ma chissà: con Trump, nulla può essere escluso.
È proprio lui, il presidente degli Stati Uniti, l’incognita capace di stravolgere ogni logica diplomatica. Nel 2018, proprio in Canada, bloccò le conclusioni del vertice: celebre e dolorosa la foto degli altri sei Grandi a Charlevoix — c’era ancora Angela Merkel, già Emmanuel Macron e Giuseppe Conte per l’Italia — in piedi a circondarlo, mentre con sguardo dispettoso sbuffa e boicotta ogni possibile intesa. Le diplomazie cercano di ammortizzare il rischio. Il padrone di casa Mark Carney, che ha trionfato di recente proprio come argine al progetto del tycoon di trasformare il Canada nella cinquantunesima stella, ha proposto a Trump di alloggiare in un resort golf club, per rendere il suo soggiorno più piacevole. È noto che il Presidente Usa fatichi a tenere l’attenzione alta durante incontri allargati e preferisca prendere decisioni — scrivono con malizia i canadesi — seduto sulla mini-car che attraversa il “green”.
Nel frattempo, come detto, si fa quel che si può: «Dobbiamo allargare la sessione dedicata alla politica estera», insistono gli ambasciatori di Ottawa. Si cercano punti di contatto tra le cancellerie occidentali, si ragiona sull’unico terreno condiviso: Teheran non può avere la bomba, bisogna tornare a trattare sul nucleare. Sul resto, chissà: fermo restando il diritto di Israele a difendersi, gli europei premono per una rapida de-escalation. L’ha detto ieri Antonio Tajani, «è il momento di tornare alla diplomazia», lo chiederà anche Meloni. Meno prevedibile la linea del tycoon, soprattutto se Teheran dovesse attaccare le basi Usa nella regione. Gli europei, inoltre, sospettano che stia accarezzando un sostegno più esplicito a una rivolta popolare per assestare il colpo finale al regime degli Ayatollah.
A Calgary, dove alle recenti elezioni hanno stravinto i conservatori “filo-trumpiani”, nessuno sembra accorgersi dell’evento. I leader, intanto, sbarcano in Alberta. La presidente del Consiglio, atterrata nel tardo pomeriggio di ieri, ha raggiunto in auto Kananaskis. Il primo contatto stasera, in una cena di lavoro tra i Sette. Il contesto è suggestivo: una delle riserve naturali più note del Nord America, dove circolano anche gli orsi. I turisti sono avvertiti di evitare avventure nei boschi. Più di vent’anni fa, sempre durante un G8 canadese, uno di questi animali superò alcune barriere del media center. E fu abbattuto.
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