Giusi Bartolozzi, chi è la ‘ministra ombra’ della giustizia fedelissima di Nordio

Lo scandalo Almasri e la fedelissima di Nordio
La legge prevede che si proceda anche nei riguardi di soggetti terzi, non ministri o parlamentari, coinvolti. La sua esclusione dalla richiesta di autorizzazione, perché non facente parte del Governo, è illegittima. Contro di essa Bartolozzi potrebbe reagire in sede processuale, ove sottoposta a giudizio. Ma potrebbe farlo la stessa Camera

E la Meloni? E la Bartolozzi? E già: perché nella richiesta del Tribunale dei ministri alla Camera dei deputati di poter procedere penalmente contro i ministri Nordio e Piantedosi e del sottosegretario alla Presidenza del consiglio Mantovano vi sono due grandi assenti: la Presidente del Consiglio e il Capo gabinetto del Ministero della Giustizia. Lo stralcio della posizione della Meloni lascia parecchio perplessi. Per i giudici “il piano dell’assunzione di responsabilità politica [è] distinto e retto da principi diversi rispetto a quelli propri dell’imputazione della responsabilità penale”.
Verissimo, perché non tutto ciò che è politicamente inopportuno diventa automaticamente reato e la responsabilità penale è sempre personale, mai oggettiva. Nel caso specifico, però, i due piani sono strettamente connessi perché il Presidente del Consiglio, secondo l’art. 95 della Costituzione, “dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l’attività dei ministri”. Il fatto che non esista alcun atto formale da cui si evinca il coinvolgimento personale della Presidente del Consiglio nella vicenda Almasri non tiene conto di questo ruolo di direzione politica, onestamente rivendicato dalla Meloni; ciò tanto più se si considera che si può essere chiamati penalmente a rispondere non solo per ciò che si è fatto ma anche per ciò che si è omesso di fare (art. 40 c.p.). Insomma, al contrario di quanto ritengono i giudici, in ragione del suo ruolo istituzionale, per il Presidente del Consiglio vale la presunzione di conoscenza e non la presunzione di ignoranza, per cui non solo non poteva non sapere ma, sapendo, non ha fatto nulla per impedire la decisione dei ministri.
Se poi a tutto ciò aggiungiamo che si chiede l’autorizzazione a procedere nei confronti del sottosegretario Mantovano, che è delegato per la sicurezza dalla Presidente del Consiglio, e non per quest’ultima che la delega ha conferito, si dovrebbe desumere che Mantovano abbia agito di propria iniziativa. Il che, francamente, è insostenibile. Ma ancora più perplessi lascia la decisione della Procura di non chiedere l’autorizzazione a procedere nei confronti della Bartolozzi. La normativa vigente, infatti, prevede l’ipotesi in cui si debba procedere penalmente non solo nei confronti dei ministri, accusati di aver commesso reati nell’esercizio delle loro funzioni, ma anche nei confronti di soggetti terzi che, pur non essendo ministri o parlamentari, sono comunque coinvolti nel reato ipotizzato. Infatti, “se il procedimento è relativo ad un reato commesso da più soggetti in concorso tra loro” la Camera cui è stata richiesta l’autorizzazione deve indicare contro quali di questi soggetti, “anche se non Ministro, né parlamentare” si può procedere penalmente (art. 4, comma 2, legge 219/1989) perché, a differenza degli altri inquisiti, non hanno “agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico” (art. 9.3 l. cost. 1/1989). In altri termini, quando la Camera è chiamata a valutare la posizione di più soggetti coinvolti nella stessa ipotesi di reato, siano essi ministri o no, può distinguere tra quelli che hanno agito in nome della c.d. ragion di Stato e quelli no.
Tutto ciò presuppone però che la Camera sia messa in condizione di operare tale distinzione e quindi che la richiesta di autorizzazione a procedere formulata dal Tribunale dei ministri coinvolga tutti i soggetti coinvolti nella fattispecie penale ipotizzata. In tal senso ci sono numerosi precedenti (v. ad esempio la richiesta di autorizzazione a procedere formulata nei confronti dell’allora Ministro delle politiche agricole Alemanno nonché di Callisto Tanzi e Romano Bernardoni per l’ipotizzato reato di finanziamento illecito ai partiti). Il che però non è nel caso in specie, visto che la posizione della Bartolozzi – sempreché ovviamente sia stata ritenuta, come invero sembra, coinvolta nella vicenda – sembra sia stata distinta da quella degli altri ministri e del sottosegretario. La conseguenza sarebbe che, dunque, la Procura della Repubblica di Roma potrebbe procedere penalmente nei confronti della Bartolozzi, senza chiedere alcuna autorizzazione alla Camera dei deputati e quindi, di fatto, bypassandola.
Considerato che la maggioranza assoluta della Camera quasi certamente negherà a scrutinio segreto l’autorizzazione a procedere nei confronti di Nordio, Piantedosi e Mantovano, il rischio – nemmeno tanto remoto viste le dichiarazioni di questi giorni – sarebbe dunque che l’attuale Capo gabinetto potrebbe essere l’unica ad essere processata, ed eventualmente condannata, per la vicenda Almasri, con evidenti – ed anche in questo caso già nemmeno tanto sommessamente evocate – inevitabili conseguenze politiche sul Governo. L’esclusione della Bartolozzi dalla richiesta di autorizzazione a procedere, sol perché non facente parte del Governo, è dunque a mio parere illegittima. Contro di essa la stessa Bartolozzi potrebbe reagire in sede processuale, ove giustappunto venisse sottoposta a giudizio. Ma a reagire potrebbe essere la stessa Camera dei deputati: innanzi tutto in sede di Giunta per le autorizzazioni a procedere, la quale potrebbe chiedere al Tribunale dei ministri ragione della mancata richiesta di autorizzazione della Bartolozzi; indi, sollevando conflitto di attribuzioni nei confronti del Tribunale dei ministri, per aver quest’ultimo, omettendo tale richiesta, impedito ad essa di poter esercitare le prerogative previste dalla Costituzione.
Non ci sono precedenti specifici sul punto ma già in occasioni simili, allorquando cioè la Procura della Repubblica ha agito nei confronti di ministri senza chiedere l’autorizzazione parlamentare, ritenendo che avessero compiuti reati a titolo personale e non nell’esercizio delle loro funzioni, la Corte costituzionale ha affermato che la Camera di competenza ha il diritto: sia di essere informata al fine di valutare la natura ministeriale o no del reato oggetto di indagine; sia, ove non condivida la conclusione negativa del Tribunale dei ministri, di sollevare contro i giudici conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale, per essere stata menomata, per effetto della decisione giudiziaria, del potere ad essa riconosciuto di valutare se il ministro e gli altri soggetti coinvolti hanno agito in nome di un superiore interesse pubblico (sentenze nn. 241/2009 caso Matteoli, 87/2012 caso Ruby-Berlusconi, 88/2012 caso Mastella). Non so se il Tribunale sia ancora in tempo a correggere la rotta ma sono certo che, qualora non lo facesse, la prospettiva di un ennesimo conflitto, stavolta di tono costituzionale, tra magistratura e politica sarebbe probabile e anzi, in un certo senso, inevitabile.
l'Unità