Il decreto Sicurezza è legge con 109 sì: al Senato bagarre contro il testo liberticida e repressivo di Meloni e Salvini

Il via libera

Con 109 voti a favore anche il Senato approva il decreto Sicurezza che, col sì ottenuto anche alla Camera il 29 maggio scorso, diventa legge. Un provvedimento repressivo del dissenso e che contiene al suo interno nuovi reati e aggravanti, fortemente voluto dalla maggioranza ed in particolare da Fratelli d’Italia e dalla Lega.
Non a caso sono la premier Giorgia Meloni e il suo vice e leader del Carroccio Matteo Salvini i primi ad esultare e rivendicare l’operazione. Approvazione che per la presidente del Consiglio permette di “rafforzare la tutela dei cittadini, delle fasce più vulnerabili e dei nostri uomini e donne in divisa”, rivendicando come “legalità e sicurezza sono pilastri della libertà”.
Sulla stessa linea Salvini, che parla di “bella giornata”. “Da ministro, da genitore a segretario della Lega, sapere che ci sono più poteri e tutele per le forze dell’ordine, che ci sono sgomberi immediati, e reati per truffatori di anziani, è un bene. Sono norme di civiltà che migliorano la qualità della vita in tante nostre periferie”, le parole del vicepremier.
Approvazione del decreto Sicurezza arrivata al termine di una mattina convulsa e caratterizzata da scontri verbali e proteste eclatanti al Senato, Aula ancora una volta esautorata dalla maggioranza che ha scelto nuovamente di ricorrere al voto di fiducia sul testo, come a Montecitorio la settimana scorsa.
Lavori iniziata con la bagarre dell’opposizione: diversi senatori del Pd, Movimento 5 Stelle e AVS sono entrati in ritardo in Aula e poi si sono seduti a terra al centro dell’emiciclo. Singolare la posizione inizialmente tenuta dal presidente del Senato Ignazio La Russa, che ha fatto proseguire i lavori per diversi minuti prima di esser costretto a sospendere i lavori e convocare la riunione dei capigruppo.
Alla ripresa dei lavori il clima di tensione è rimasto fortissimo. Da Italia Viva Matteo Renzi ha accusato i senatori del centrodestra di essere “schiacciatasti”, criticando ampiamente il provvedimento. Il capogruppo dell’Alleanza Verdi e Sinistra Peppe De Cristofaro, presidente del gruppo Misto di Palazzo Madama, ha definito il decreto “repressione di Stato”, ricordando che il governo “ha introdotto 48 nuovi reati per un totale di 417 anni di carcere, 14 solo nel decreto sicurezza” e paragonando l’esecutivo a quello ungherese di Viktor Orban. Dello stesso avviso il Pd che, tramite Andrea Giorgis, sottolinea come “l’introduzione di nuovi reati e l’aumento delle pene detentive rischia di aggravare il problema del sovraffollamento delle carceri”.
Incredibile l’intervento in Aula di Alberto Balboni che, annunciando il voto favorevole di Fratelli d’Italia al testo, per ben due volte accosta l’opposizione alla criminalità organizzata, subisce la censura della vicepresidente del Senato Anna Rossomando salvo poi ribadire poco dopo lo stesso concetto: un comportamento che spinge il moderato ex ministro Dem Graziano Delrio a correre al centro dell’emiciclo, stoppato solamente dai commessi.
l'Unità