Perché le elezioni in Romania e Polonia sono per Ecr (e Meloni) due partite cruciali


(foto Ansa)
famiglia arcobaleno
Il bivio dei Conservatori. Così la premier punta su Simion in Romania per superare i socialisti al Consiglio europeo. Mentre a Varsavia lo scenario è più incerto
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Bruxelles. Dal rumeno George Simion, ex fan di Putin che ancora non può andare in Ucraina, al polacco Mateusz Morawiecki, ex nemico giurato di Mosca. Dal capo dell’opposizione albanese, Sali Berisha, a Giorgia Meloni che duetta a Tirana con Edi Rama. Ecr, l’eurofamiglia della premier italiana, vive di contraddizioni, qualche tensione e molta convenienza. Un rebus complesso di alleanze, una strana famiglia “arcobaleno” dai colori conservatori, fondata su un’idea confederale dell’Europa in cui Meloni rimane l’unico vero centro gravitazionale. Una famiglia che questo fine settimana però si gioca due partite cruciali: le elezioni in Romania e Polonia.
Sono appuntamenti che potrebbero trasformare Ecr nel nuovo vero polo attrattivo della destra conservatrice europea oppure relegarlo a un’area grigia, a metà strada tra i popolari e i sovranisti europei. Nuova star di Ecr è il rumeno George Simion, che oggi davanti alle telecamere si dichiara atlantista ed europeista, ma che fino a poco tempo fa diceva di ispirarsi a Putin e che mal sopporta Viktor Orbán, grande amico di Meloni, a causa della disputa sui territori della Transilvania. Altro protagonista è l’ex premier polacco Mateusz Morawiecki, da sempre ostile a Putin ma in aperto conflitto con il Ppe e Ursula von der Leyen, una guerra aperta e insanabile che crea fastidi alla scelta di Meloni di costruire un rapporto solido con la presidente della Commissione Ue. Meno nota, ma altrettanto attuale, la contraddizione albanese dei conservatori europei: tra i membri del partito di Ecr infatti c’è anche Sali Berisha, ex presidente albanese e leader dell’opposizione. Berisha, che sarebbe in teoria l’alleato di Meloni nel piccolo paese balcanico, in pratica si trova a dover sopportare in silenzio il “fotoromanzo rosa” dei sempre pittoreschi incontri tra la premier italiana e Edi Rama che ieri si è inginocchiato ai piedi della premier regalando un quadretto preso da Masha e Orso. In Ecr c’è anche anche un’ala moderata, europeista e, dettaglio importante, molto governista in Europa come in casa. Al Parlamento europeo siedono infatti accanto agli eurodeputati di Fratelli d’Italia anche quelli dell’Ods, il partito del premier ceco Petr Fiala, e i liberali fiamminghi dell’N-VA, guidati dal premier belga Bart De Wever. Due formazioni di centrodestra, più volte indicate come potenziali ingressi nel Ppe, di cui condividono diverse posizioni sia in politica interna che estera. Se a trattenere il premier ceco in Ecr è il fragile equilibrio interno alla sua maggioranza, per i fiamminghi la porta del Ppe è sbarrata dai popolari spagnoli, ostili all’impronta separatista del partito e all’asilo concesso dal governo fiammingo ai leader separatisti baschi e catalani. Fatto che, apparentemente, per ora non sembra turbare i super-nazionalisti italiani, polacchi o rumeni di Ecr. Meno moderati, ma ancora ben lontani dalle posizioni di Simion e Morawiecki, i Democratici Svedesi e i Veri Finlandesi che rappresentano l’anima scandinava di Ecr: formazioni cristiane anti-immigrazione, che offrono sostegno esterno ai governi popolari di Stoccolma e Helsinki.
Caso a parte è la Francia, dove la presenza in Ecr sfocia nella telenovela. Membri del gruppo sono infatti Marion Maréchal e altri tre eurodeputati, eletti nelle liste di Reconquête, il partito di Éric Zemmour. Dopo la rottura tra Zemmour e Marine Le Pen, (zia di Marion Maréchal), i quattro hanno lasciato il partito. L’unica rimasta fedele a Zemmour è Sarah Knafo, compagna del leader, finita nel gruppo Esn che racchiude l’ultradestra tedesca dell’AfD. Maréchal, invece, è rimasta nel gruppo con Meloni, anche se la stampa francese ha recentemente ipotizzato un suo ritorno nel Rassemblement National, che però a Strasburgo siede nel gruppo Patriots for Europe con Orbán e Salvini.
Rispetto ai voti del fine settimana le due partite sembrano destinate a finire in maniera opposta. i sondaggi a Varsavia non sorridono al candidato scelto da Morawiecki per la presidenza della Polonia, partita che si giocherà quasi sicuramente al secondo turno e in cui dovrebbe spuntarla l’uomo di Tusk, numeri alla mano. Scenario diverso in Romania dove una vittoria dell’ex ultranazionalista Simion è considerata più che possibile. A crederci è soprattutto l’establishment meloniano, da giorni infatti gli eurodeputati di FdI scortano il candidato rumeno, lo accompagnano tra Roma e Bruxelles, tra incontri istituzionali e interviste, mettendoci la faccia per garantire il suo allineamento euro-atlantico. Dal canto suo Simion ripete a rotta di collo che la sua ispirazione sarà Giorgia Meloni in politica interna come estera. Una sua vittoria del rumeno porterebbe un premier in più a Ecr che, assieme a Italia, Belgio, e Repubblica Ceca li porterebbe a quattro sedie su 27 al Consiglio Ue, una in più dei socialisti, un sorpasso che conta in Europa. Ma non solo, cambierebbe anche gli equilibri interni al gruppo: con una delegazione rumena forte e una sconfitta dei polacchi, diminuirebbe il peso del PiS, facendo ruotare l’asse di Ecr sempre di più attorno a Giorgia Meloni.
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