Schlein in missione peacekeeping: la guerra nel Pd in Puglia e Campania verso le Regionali

La corsa ad ostacoli delle Regionali
Ex sindaco di Bari, il candidato in pectore Decaro rifiuta la presenza in lista di Emiliano e Vendola, ma Taruffi ha chance di placarne i malumori. Sotto il Vesuvio, mal di pancia per l’accordo con De Luca. In Calabria la novità Tridico

A un passo dalla raffica di elezioni regionali autunnali il rebus delle candidature non si sblocca e si tratta di una magagna simmetrica e bipartisan. Tocca la destra e la sinistra a pari merito anche se è sul versante del centrosinistra che i guai risaltano maggiormente, per il semplice fatto che è quello il Polo secondo tutti i sondaggi in testa nella maggior parte delle regioni in lizza.
Il problema più spinoso per il Campo di Elly è la Puglia, dove peraltro la vittoria sembra essere comunque certa. L’ex governatore Nichi Vendola, Avs, stanco di essere messo in mezzo in uno scontro che non riguarda né lui né il suo partito sbotta: “Non si rottama in casa d’altri. Io vengo chiamato in causa solo per ragioni di fiction. La contesa è nel Pd”. Vendola ha ragione. Il veto del candidato in pectore Decaro contro la sua presenza nelle liste di Avs deriva solo dall’esigenza “scenica” di non mettere troppo in piazza lo scontro diretto con il governatore uscente Emiliano. Per il candidato Decaro la presenza di Vendola non è un problema. Quella di Emiliano sì e il veto contro Nichi serve solo a mascherare in modo un po’ raffazzonato il veto ad personam.
Emiliano, al momento, non sembra intenzionato a passi indietro di sorta. Decaro insiste: se c’è lui non mi candido. Elly ha spedito in loco il suo plenipotenziario Igor Taruffi che ha riunito a casa del segretario regionale De Santis i due contendenti e ha lanciato un tentativo di mediazione. Non si tratta di una trovata nuova: è la soluzione che il Pd centrale sponsorizza da settimane. Emiliano dovrebbe sacrificare la candidatura della discordia, magari figurando come responsabile della campagna elettorale dell’ex pupillo oggi nemico quasi personale. In cambio avrebbe già in tasca un assessorato di peso. Politicamente la proposta risolve fino a un certo punto. Decaro non vuole nomi pesanti e soprattutto potenti intorno. Si accoda in pieno al flusso a dir poco discutibile secondo cui più un leader ha intorno figure opache ma obbedienti e meglio è. La non candidatura del futuro assessore però tranquilizerebbe l’ex sindaco di Bari, oggi eurodeputato, per un altro e anche più doloroso aspetto della vicenda. Emiliano non potrebbe fare il pieno di preferenze, dimostrando così la sua forza. Pronto ovviamente a far pesare quella forza negli equilibri di potere nella giunta.
Ma forse lo scoglio più difficilmente aggirabile non è più di natura politica. Il braccio di ferro tra il governatore uscente e Decaro ha assunto i caratteri della faida personale e in politica, si sa, non c’è nulla di peggio. Se Decaro dovesse negare davvero la propria disponibilità, ipotesi che i bookmaker danno comunque 10 a 1, al suo posto subentrerebbe probabilmente Francesco Boccia, oggi capogruppo al Senato. Per Elly non sarebbe una sostituzione indolore e neppure per lo stesso Boccia. Oggi il capo dei senatori è il principale sostenitore della segretaria outsider tra i ranghi della vecchia guardia Pd. Il suo spostamento a Bari, sgraditissimo al diretto interessato, provocherebbe un mezzo terremoto nel gruppo dirigente. Ma è un orizzonte poco realistico: Decaro sarebbe in effetti a un passo dall’accettare le sgradite ma inevitabili presenze dei due ex governatori.
Altra piazza dolente, per il centrosinistra, è Napoli. Fico, in pole position dalla notte dei tempi, continua a rinviare la discesa in campo ufficiale. Probabilmente in attesa che si definisca la mediazione tra i vertici del Pd e il vicerè campano De Luca. Elly, pragmaticamente, ha capito per tempo di dover trattare con il potentissimo governatore uscente, il cui prezzo però sembra essere esoso: controllo sull’assessorato alla Sanità tramite nomina di sua fiducia, probabilmente elezione di se stesso alla presidenza del Consiglio regionale ma certamente elezione del figlio Piero alla segreteria del partito in Campania. Il guaio è qui, perché se Elly sembra pronta ad accogliere la richiesta i suoi pasdaran nella Regione sono ferreamente ostili e puntano i piedi.
In Calabria, infine, resta ballerino il nome del candidato che proverà a strappare la regione a Occhiuto, dimessosi e ricandidatosi nel giro di un solo giorno, dato per vincente all’unanimità dai sondaggi. L’unico che potrebbe avere qualche chances di competere sarebbe il 5S Tridico, padre del reddito di cittadinanza e di conseguenza molto popolare nella regione. Ma Conte esita e non esclude la deputata Vittoria Baldino. Ieri però Tridico ha rotto gli indugi, ha ufficializzato la sua “disponibilità” e i giochi dovrebbero essere quindi ormai chiusi. A destra di scoglio ce n’è uno solo, ma trattasi di iceberg: il Veneto. Sul nome del candidato, il leghista Alberto Stefani, non dovrebbero esserci più dubbi ma è da un pezzo che il guaio grosso non è più il candidato ma la determinazione di Zaia, prima contrastato ma ora appoggiato da Salvini, nel presentare una propria Lista, con tanto di nome e forse anche di candidatura personale come capolista.
Quella Lista svuoterebbe i forzieri elettorali di FdI e Fi e Zaia, con un consenso plebisicitario in mano, non tarderebbe a imporsi come doge, non più di nome ma di fatto. Per questo i tricolori e gli azzurri martellano chiedendo il ritiro della Lista Zaia. Risultati per ora intorno allo zero, con tanto di rischio di clamorosa spaccatura della destra in una regione chiave come il Veneto. Per Meloni sarebbe un disastro e lei lo sa.
l'Unità