Sua Maestà l’ombrellone, è il simbolo della lotta di classe: il mare non è più per tutti

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Sua Maestà l’ombrellone, è il simbolo della lotta di classe: il mare non è più per tutti

Sua Maestà l’ombrellone, è il simbolo della lotta di classe: il mare non è più per tutti

Ristoro balneare e il conflitto sociale

Nel gagliardo tempo presente, lo scarto sociale prende la forma del bagnante escluso, appunto, dal riparo di un semplice ombrellone, complemento da spiaggia, feticcio di stagione

Foto Alberto Lo Bianco/LaPresse
Foto Alberto Lo Bianco/LaPresse

D’improvviso, nel pieno assolato di un’estate di guerra, la lotta di classe, che molti ritenevano un concetto, di più, una categoria storico-filosofica ormai desueta, tramontata, ferrovecchio ideologico delle rivolte del “secolo breve” trascorso, riuscì marxianamente, non sembri un’esagerazione iperbolica, a reificarsi in un oggetto solo in apparenza anodino, simbolo di mitezza e ristoro balneare: l’Ombrellone.

Il suo stesso concetto, nel suo valore d’uso concreto e immediato. Tralasciando il lettino o la stessa sdraio, ritenuti forse eccessi sovrastrutturali. L’Ombrellone sufficiente a restituire un’idea, se non l’idea stessa, del conflitto. S’intende, si è detto subito, di classe. Se nelle rivolte contadine ottocentesche, il “Quarto Stato” di Pellizza da Volpedo a fare iconicamente da sfondo, proletari e signori c’era modo di distinguerli per l’uso del cappello (i padroni) e il berretto (la plebe, anzi, “la canaglia pezzente” come recitano i canti anarchici e socialisti) nel gagliardo tempo di un Donald Trump vittorioso, lo scarto sociale prese la forma del bagnante escluso, appunto, dal riparo di un semplice ombrellone.

Esatto, proprio lui, l’Ombrellone, complemento oggetto da spiaggia, feticcio dell’estate, in grado di proteggere, come nei testi a fronte da jukebox, che negli anni Sessanta Edoardo Vianello intonava, riparo dal solleone, a sua volta immagine dell’estate felice, delle vacanze, ed ecco nuovamente la spiaggia e la sua riva, l’estate finalmente conquistata. Anche dai cittadini “poveri”. Non è forse vero che l’immagine più esemplare degli anni del Fronte popolare francese del 1936 è restituita da uno scatto di Cartier-Bresson che mostra una famiglia di operai in riva al mare di Dieppe, dove ci si ripara con un parapioggia nero da bufera normanna in attesa che, insieme al socialismo, giunga anche finalmente per tutti il sospirato ombrellone?

Stamattina, al bar sotto casa, l’amico Maurizio Ponzi, regista, già aiuto di Pier Paolo Pasolini, mi ha ricordato che in un film dell’estate appaltata all’epopea degli umili come, Domenica d’ agosto di Luciano Emmer, non appare invece nessun ombrellone, quasi che i “poveri” trasteverini non ne sentissero la necessità, o forse allora, nei nostri primi anni Cinquanta, il sole era ancora simbolo di mitezza carezzevole. A Mondello, spiaggia della mia infanzia palermitana, la società Italo-Belga, che ha in appalto la costa da tempi ormai immemorabili, ha addirittura piazzato un muro di cinta merlato di tornelli a salvaguardia degli ombrelloni destinati a chi potrà concederseli, mentre della battigia, della “spiaggia libera” resta appena una minuscola, striminzita striscia: impossibile, fuori dalla porta magica dei tornelli, conquistare un minuscolo punto dove stendere il proprio asciugamano, il telo-spugna.

Alle spalle della riva, una staccionata separa ancora meglio, come evidenziatore di ceto e dunque classe, il mondo di “chi può” da tutti gli altri, semplice popolo senza né volto né evidenza sociale, che dovranno accontentarsi di partecipare alla commedia del carnaio d’agosto. Quanto agli ombrelloni, stanno lì, totemici, irraggiungibili, a testimoniare, appunto, il divario di classe. Restando all’epopea balneare di Mondello, divenuto simbolo e sintomo dello stato delle cose, mi torna in mente una signora austriaca che proprio lì, a Valdesi, saranno stati gli anni Sessanta, sempre tempo dei jukebox che suggeriva le note di Sei diventata nera e ancora Cuando calienta il sol dei Los Marcellos Ferial, forse giunta in Sicilia per sfuggire a una possibile Norimberga, aveva tutto per sé un ombrellone munito perfino di un piano d’appoggio, accadeva quando al posto della “spiaggia attrezzata”, in assenza d’ogni tornello, c’erano ancora le “cabine”, che le famiglie palermitane si tramandavano negli anni in affitto, addirittura arredandone l’interno con opulenza degna della Reggia di una Versailles siciliana.

A quel tempo era perfino consentito che qualcuno, sandali e calzini ai piedi, giunto dalle “terre del rimorso” restituite dai saggi dell’etnologo Ernesto De Martino, quindi soggetti da affidare all’attenzione della tradizione popolare, come fosse una feluca, giungesse con un proprio ombrellone sotto braccio, fissandolo sulla spiaggia con lo stesso orgoglio dei marines che piantarono la bandiera a stelle e strisce ad Iwo Jima, nella certezza identitaria che l’estate, insieme alla spiaggia, gli appartenesse, fosse oggetto di un inalienabile bene comune, quanto agli altri, ai “ricchi”, si mostravano irraggiungibili, a bordo dei Riva “Aquarama” oltre le boe in lontananza. Allo stesso modo dei campieri e dei gabellotti nel racconto dell’occupazione delle terre incolte da parte dei contadini in attesa della riforma agraria, hanno provveduto adesso i balneari a prendere possesso e controllo delle spiagge, segno forse ulteriore della sconfitta d’ogni ipotesi di società in prospettiva comunista verso il fine ultimo della dissoluzione dello Stato fino all’affermazione dell’anarchia liberatoria.

Forse era solo un azzardo immaginare che si potesse abolire la proprietà privata, soltanto ubbie quelle di Marx e perfino dei pensatori del socialismo utopista che riteneva di avanzare nel nostro Sud seguendo la sciabola del duca Carlo Pisacane, non per nulla sconfitto in riva alla spiaggia di Sapri, non meno illuso Charles Fourier. Intanto l’ombrellone sembra avere sostituito la bandiera rossa nella dissolvenza incrociata dei simboli dell’utopia, quindi della rivolta, e forse non è neppure un caso che, allo stesso modo della spiaggia di Mondello, prendendo in prestito un video di Tik Tok, Donald Trump abbia pensato di mettere i tornelli anche nella Striscia di Gaza. Affinché, cancellata l’esistenza stessa dei palestinesi, diventi anche quella una spiaggia attrezzata con “prenotazione obbligatoria”.

l'Unità

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