Laura e l’albinismo: “Evito che l’insicurezza sia un limite più grande di quello genetico”

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Laura e l’albinismo: “Evito che l’insicurezza sia un limite più grande di quello genetico”

Laura e l’albinismo: “Evito che l’insicurezza sia un limite più grande di quello genetico”

“Quando cominciai a frequentare la scuola dell’infanzia, ai miei genitori fu consigliato di trasferirmi in un istituto per ciechi, a causa dei problemi alla vista che accompagnano la vita di ogni albino, insieme alla pelle chiarissima e ai capelli quasi bianchi che spesso attirano gli sguardi degli altri”. Laura Bonanni, psicologa e psicoterapeuta romana di 61 anni, inizia a raccontarci così la sua esperienza con l’albinismo oculocutaneo, condizione genetica che causa quelle peculiarità estetiche che spesso generano ansie e insicurezze, isolamento, vergogna e complessi di inferiorità in chi ne è affetto. E negli altri curiosità e pregiudizi.

La Giornata Internazionale dell’Albinismo

L’incidenza media mondiale di questa anomalia congenita, che si eredita da genitori portatori sani o albini, è di circa 1 caso ogni 17-20 mila persone. In alcuni paesi africani raggiunge una frequenza di un caso su 2.500, mentre in Italia a vivere questa condizione sarebbero in 4.000. Proprio per aumentare la conoscenza su questa che viene definita una malattia rara, per tutelare i diritti delle persone che ci convivono ed evitare che siano vittima di stigma sociale, bullismo e discriminazione (o di gravi violenze, come accade in alcuni paesi africani a causa di superstizioni religiose), nel 2014 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha indetto l’International Albinism Awareness Day (Giornata Mondiale di cnsapevolezza sull’albinismo, ndr) il 13 giugno di ogni anno.

L’impatto dei disturbi della vista

“Albinismo non significa solo capelli quasi bianchi e pelle chiara da non esporre al sole, se non molto protetta, per il rischio elevato di scottature e di sviluppare tumori cutanei – spiega Bonanni – I problemi maggiori sono legati alla vista: quasi ogni persona affetta da questa condizione è ipovedente con un’acuità visiva che va da 1/20 a un massimo di 3 o 4 decimi per i più fortunati”. Colpa di una ridotta o mancata produzione di melanina nella cute, nei capelli, nei peli e negli occhi (albinismo oculocutaneo, la forma più comune) o quasi esclusivamente negli occhi (albinismo oculare).

Gli effetti della mancanza di melanina

La melanina svolge infatti un ruolo importante anche nello sviluppo del nervo ottico deputato a trasportare gli stimoli visivi della retina alla corteccia visiva, l’area del cervello che li elabora e li interpreta. Per questo oltre all’ipovisione, negli albini si manifestano sintomi quali movimenti involontari, rapidi e ripetitivi degli occhi per cercare di mettere a fuoco le immagini (nistagmo), forte sensibilità alla luce (fotofobia), strabismo, miopia e ipermetropia, e diminuzione della visione tridimensionale che impedisce di avere una corretta percezione della profondità degli oggetti (visione stereoscopica). Non esiste una cura, ma è necessario un continuo monitoraggio dei disturbi visivi e dei problemi alla pelle attraverso regolari esami oculistici e dermatologici.

L’importanza di mantenere l’autonomia

“Rispetto al passato, oggi la disponibilità di ausili visivi e di dispositivi mobili che permettono di ingrandire i testi hanno ridotto di molto le difficoltà legate alla vista - sottolinea la psicologa - ricordo che negli anni Cinquanta e Sessanta alcuni albini seguivano tutto il loro percorso scolastico negli istituti per ciechi imparando il Braille. Mia madre decise invece di farmi frequentare una scuola normale, dove piano piano, anche se con qualche difficoltà, acquisii la mia autonomia”. Questo percorso ha aiutato Laura a rendersi indipendente non solo a scuola ma anche in altri ambiti, ponendosi degli obiettivi e cercando di raggiungerli.

Il percorso di accettazione

Certo, anche per i suoi genitori all’inizio non fu facile accettare che fosse albina, in particolare per suo padre che voleva addirittura farle tingere i capelli per evitare che fosse diversa dagli altri bambini. Ma dopo le prime difficoltà hanno sempre cercato di renderle la vita il più normale possibile, insegnandole ad attraversare la strada e a muoversi nello spazio in autonomia. Tanto che, poco più che dodicenne, Laura iniziò ad andare a scuola senza essere accompagnata: con i suoi tempi, ma comunque da sola.

Trovare il proprio modo di abbattere i limiti

“L’albinismo non è altro che una diversità visibile – aggiunge – Bisogna trovare il proprio modo per abbattere i limiti che questa anomalia pone e indirizzare le proprie energie verso le attività che si possono compiere”. Le difficoltà visive legate al nistagmo e allo strabismo sono infatti quelle con cui Laura fa sempre i conti nella misura maggiore. Diverse le cose che non può fare, tra queste prendere la patente di guida. Questo, però, non le ha certo impedito di viaggiare: spesso da sola, magari per partecipare ai convegni sull’albinismo. Oppure per recarsi a Foligno, dove lavora come psicologa presso il Centro di Selezione e Reclutamento Nazionale dell’Esercito. Qui, come lei stessa riporta, qualche parola o battuta fuori luogo per via del suo aspetto fisico non è certo mancata: “Quando sei albina non puoi fare e meno di evitare gli sguardi fissi e incuriositi della gente, o di sentire frasi bisbigliate all’orecchio del vicino – dice – Dopo un po’, però, ci fai l’abitudine. Anzi, a volte finisci per sorridere dinanzi allo stupore di chi ti circonda”.

Sviluppare la consapevolezza della propria diversità

Con gli anni, Laura ha capito come convivere con la sua condizione e come rapportarsi con gli altri: lavorando molto su sé stessa, rendendosi consapevole della sua diversità, senza rinunciare alle sue aspirazioni. “Le famiglie con figli albini dovrebbero utilizzare questo approccio per affrontare la situazione al meglio e, se serve, chiedere aiuto a chi vive la stessa esperienza – spiega ancora la psicologa – Spesso, invece, sono smarrite e prendono il sopravvento paure, fantasie negative, tendenza a chiudersi e delusione. É opportuno dare ai figli gli strumenti necessari per poter riorganizzare positivamente la propria vita davanti alle difficoltà – conclude – evitando che sviluppino quel senso di insicurezza che può diventare esso stesso un limite. A volte più grande di quello genetico”.

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