Mediazioni sulla sanità, da incoraggiare


(foto Ansa)
editoriali
La bozza di riforma per i medici in famiglia offre ottimismo sul futuro
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In medio stat virtus? Forse sì, anche per il futuro dei medici di famiglia. Questo almeno quello che traspare dalla proposta avanzata dalle regioni e visionata dal ministero della Salute. Per capire bene di cosa si parla, partiamo dal contesto. Negli ultimi anni, l’assistenza sanitaria territoriale ha visto una crescente attenzione, soprattutto a seguito della pandemia da Covid, e anche grazie al Pnrr. Le regioni hanno avviato sperimentazioni e interventi mirati a spostare la cura sempre più vicino al cittadino, puntando sul territorio e sul domicilio come principali luoghi di cura. Tuttavia, l’attuale organizzazione dell’assistenza medico-generica e pediatrica, basata sugli Accordi collettivi nazionali, si è rivelata inadeguata a valorizzare appieno il ruolo dei medici di famiglia e a garantire la coerenza con i modelli del Pnrr. Il rischio era quello di costruire, con le Case della salute, delle ‘cattedrali nel deserto’ vuote di personale sanitario.
Le strade per superare questo ostacolo sembravano essere inizialmente due: quella di continuare e proseguire sulla stessa via delle convenzioni o quella di far passare questi medici alla dipendenza del Ssn. Le regioni hanno ora proposto una terza via, provando a guardare al passato per ripensare il futuro dei medici di famiglia. Il documento richiama infatti l’articolo 25 della legge 833/1978, istitutiva del Ssn, sottolineando come la riforma debba ripartire dai principi originari: un sistema basato su professionisti dipendenti o convenzionati, scelti dal cittadino, che operano in strutture pubbliche o private accreditate. L’idea è quella di lasciare libera scelta ai medici di optare per la dipendenza anche se in ogni caso verrà imposto un monte ore più elevato rispetto a oggi che, anche chi deciderà di rimanere in convenzione, dovrà garantire nelle Case della Comunità. Il documento in sostanza propone un cambio di paradigma per i medici di famiglia: non più meri erogatori di prestazioni secondo vecchie logiche contrattuali, ma protagonisti di un nuovo modello di cura che valorizza la loro professionalità e li integra nelle dinamiche organizzative delle Case della comunità e dell’assistenza territoriale. A breve vedremo se ci sarà l’intesa politica su questo punto dirimente.
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