Caldas, città attiva?

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Victor Ilharco Allenatore personale
Una delle priorità nazionali per i prossimi anni è aumentare l'attività fisica tra i portoghesi, dai più giovani agli anziani. Purtroppo, questa frase iniziale non è vera. Ma potrebbe. O meglio: dovrebbe.
Ho cercato di sfruttare al meglio il mio "tempo" mensile per informarvi sui benefici dell'attività fisica, sui consigli più aggiornati e, soprattutto, sulle strategie semplici e pratiche per integrarla nella vostra vita quotidiana. Spero di essere riuscita, finora, a trasmettere chiaramente che l'esercizio fisico fa bene a tutti e che, anche in contesti delicati come la gravidanza, il post-partum o patologie come diabete e cancro, è molto più sicuro fare esercizio che evitarlo, purché ci siano adeguate prescrizioni e un monitoraggio costante.
Allora perché restiamo così inattivi?
A mio parere, ci sono due gruppi di popolazione che richiedono maggiore attenzione e monitoraggio da parte degli enti pubblici: i bambini e gli anziani. Per quanto riguarda i bambini più piccoli, ho già scritto qui dell'importanza del gioco, degli spazi verdi e del tempo di qualità in movimento. Solo assumendosi dei rischi e godendo della libertà svilupperanno autonomia, fiducia in se stessi e senso di responsabilità. Solo cambiando le abitudini potremo ridurre il 30% di bambini in sovrappeso o obesi.
Per le persone anziane, la sfida è ancora più impegnativa. Facciamo un esempio, e siamo onesti: un uomo di 70 anni si reca dal medico e gli viene diagnosticato il diabete di tipo 2. Il medico gli raccomanda di aumentare l'attività fisica e di adottare una dieta più sana. Quest'uomo, che fino ad ora ha avuto uno stile di vita sedentario, cambierà davvero il suo comportamento? O si limiterà a seguire la terapia farmacologica prescritta? E una donna di 60 anni a cui è stato diagnosticato un tumore al seno e che non ha mai fatto esercizio fisico regolarmente, inizierà ora, in un momento segnato dalla paura e dalla vulnerabilità?
La risposta onesta è: probabilmente no.
Ma cosa succederebbe se, date le stesse diagnosi, la tua città ti offrisse la possibilità di partecipare a un programma di attività fisica di comunità? Con un'adeguata supervisione, con altri partecipanti in una situazione simile, in sicurezza e con il supporto necessario? In tal caso, non solo mi sembra possibile, ma altamente probabile.
E se sapessimo che programmi come questo esistono già in altre città del Paese, alcuni dei quali promossi da istituzioni pubbliche, come la Direzione Generale della Salute, che ha creato il famoso "Diabetes in Motion"?
La domanda diventa allora inevitabile: cosa manca?
Dobbiamo creare ambienti veramente attivi. Dobbiamo trasformare gli spazi pubblici in luoghi di movimento e interazione sociale. Dobbiamo progettare programmi locali che coinvolgano le persone e le facciano sentire parte di qualcosa di più grande delle loro circostanze. Le persone ci sono e non mancheranno professionisti dedicati e disposti a partecipare e ad aiutare la città stessa a diventare più attiva.
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Gazeta das Caldas