Ricordando Paolo Mauri e quel suo mondo di libri

Per oltre vent’anni le pagine culturali di Repubblica sono state dirette da Paolo Mauri, diventando il cuore pulsante del giornale, l’isola in cui dare spazio a letture e riflessioni. Oggi (giovedì 29) Mauri, morto nel 2022, verrà ricordato alla libreria Feltrinelli di Largo Torre Argentina a Roma (dalle ore 18) da tre relatori che hanno lavorato e collaborato con lui e che lo conoscevano molto bene: Leonetta Bentivoglio, firma del nostro quotidiano, il poeta e scrittore Valerio Magrelli e Paolo Repetti, direttore editoriale Einaudi Stile Libero.

Sarà un modo per ripercorrere la storia di un giornalista che, stimolato dalle idee di Eugenio Scalfari prima e Ezio Mauro, poi ha traghettato la rivoluzione della cultura portandola dalla terza pagina al centro del quotidiano. Di questa novità, imitata dagli altri giornali, parlerà Leonetta Bentivoglio: «Quelle pagine, concepite insieme a Scalfari, rappresentavano un totale cambio di prospettiva. Proprio in questo senso Mauri credo che abbia avuto un ruolo importante nella storia del giornalismo culturale». Tra le tante firme che scrivevano sulle pagine di cultura di Repubblica c’erano Alberto Arbasino, Umberto Eco, Italo Calvino, Alfredo Giuliani, Luigi Malerba, Antonio Tabucchi, Pietro Citati e tanti altri. Ma anche grandi nomi internazionali come Claude Lévi-Strauss o Milan Kundera.
Classe 1945, Mauri era arrivato a Repubblica nel 1977, un anno dopo la fondazione, partecipando allo spirito avventuroso di una nuova testata che aveva l’ambizione di creare un giornalismo diverso, meno paludato e più identitario. Dopo essere stato a lungo il suo vice, alla morte di Rosellina Balbi nel 1991, mitica capa della cultura, Mauri prese la direzione delle pagine. Giornalista e critico letterario, alle spalle una laurea con Alberto Asor Rosa e Natalino Sapegno su Carlo Porta, Mauri sapeva coniugare rigore filologico, leggerezza e approfondimento, guardando ai libri con spirito civile e apertura sociale.
La sua bibliografia è ricchissima, non solo libri, anche molte recensioni e curatele. Aveva esordito nel 1977 con una monografia su Malerba, autore amatissimo, che negli anni non smetteva di consigliare. Tra gli altri saggi: Corpi estranei (Sellerio); L’opera imminente. Diario di un critico (Einaudi) che vinse il Premio Pavese; Nord. Scrittori in Piemonte, Lombardia e Liguria (Einaudi), volume che veniva direttamente dalla Letteratura italiana Einaudi diretta da Asor Rosa. Nel 2007 aveva invece pubblicato Buio, sempre per Einaudi, un testo molto originale che girava intorno al fascino delle tenebre da Leopardi a Rothko, con il quale si era aggiudicato il premio Viareggio.
C’erano poi gli autori del cuore, non necessariamente ultime pubblicazioni: non a caso sul Venerdì teneva la rubrica Libri di ieri, dove si potevano gustare ritratti di irregolari della nostra letteratura. Tra questi Gozzano a cui Mauri dedicò un saggio edito per Aragno: Nei luoghi di Guido Gozzano. Nel ’98 arrivò anche il Premio Brancati per la saggistica. Da citare inoltre la curatela dell’edizione del Meridiano su Antonio Tabucchi, autore con il quale Mauri aveva stretto nel tempo una bella amicizia. All’inizio degli anni ’80 aveva anche dato vita alla rivista Il cavallo di Troia. «Era un uomo estremamente curioso e anche spiritosissimo», dice Magrelli che con lui condivideva amicizia e viaggi. «Molti libri li ho letti su suo consiglio, come Il buon soldato Sc’vèik di Jaroslav Hasek».
Spesso i suggerimenti riguardavano opere che avevano la sua impronta di gusto, un certo umorismo, anche nero, o la predilezione per il nonsense o per autori e artisti come Toti Scialoja, altra grande passione (aveva scritto la prefazione a Versi del senso perso). «Pensando a Mauri ho difficoltà a distinguere tra il critico, l’amico e il giornalista», dice Repetti, «sono certo però che il suo culto dell’umorismo come genere è stato uno dei tratti che più lo caratterizzavano».
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