Da Fabregas a Ranieri, l'estate dei no


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calcio estivo
L'allenatore spagnolo ha rifiutato per interposto club la panchina dell'Inter, Acerbi la convocazione in Nazionale, l'ex tecnico della Roma la panchina azzurra. Scopriamo che va di moda negarsi
È il tempo del no grazie, di quelli che gentilmente declinano, si sfilano, girano i tacchi e via. Ci hanno pensato, ma hanno di meglio da fare. Ringraziano per il pensiero, ma bastava una cravatta, un triennale o anche un momento storico migliore. È il calcio italiano in modalità rifiuto. Colonna sonora dell’estate: c’è chi dice no, io non mi muovo. Ranieri rifiuta la Nazionale con un whatsapp notturno a Gravina, ci tiene a far sapere che la decisione è solo sua, ci mancherebbe. Era tutto fatto, ma anche no. Figc spiazzata, Italia in stallo. Dovrebbero saperlo: sono i no che aiutano a crescere. Ma chissà quando, chissà se mai succederà. Psicologia spicciola: la paura del rifiuto si manifesta con un’aspettativa ansiosa e persistente di essere rifiutati. E allora Ranieri (forse) ha fatto due calcoli e ha pensato: ma chi me lo fa fare?
Fabregas ha rifiutato l’Inter per interposto club, cioè prima ha ammiccato - parlatene pure - poi si è rimesso alla volontà di chi governa il Como. Era già andata così quando, a farsi sotto tentando l’allenatore spagnolo, era stato il Bayer Leverkusen. Ma pare che persino Vieira - nel mezzo del ballottaggio che lo vedeva in corsa con Chivu per la panchina nerazzurra - abbia preso tempo, per decidere se ne valesse la pena. Tu chiamale se vuoi: riflessioni.
Avanti: qualche settimana fa, quando lo strappo con il Napoli sembrava insanabile, Conte si è avvicinato e poi allontanato dalla Juventus, così come Gasperini ha rimpallato l’ultimo assalto bianconero, poiché si era già accordato con la Roma.
Ora scopriamo che va di moda negarsi. Un no è un no. E senza nemmeno l’ipocrisia del “grazie, le faremo sapere” in calce. Mi si nota di più se vengo e sto in disparte o se non vengo per niente? Nanni Moretti, ma anche Francesco Acerbi che - prima che la disfatta epocale della nostra Nazionale prendesse la forma della bocca spalancata nell’Urlo di Munch (che per puro caso è norvegese) - non risponde alla convocazione di Spalletti, si inalbera via social e pretende rispetto, lui. Il fatto è che poi si innesca un corto circuito perché prima di congedarsi con il più desolante addio che un ct azzurro abbia mai consumato, Luciano Spalletti lancia frecce avvelenate contro quei calciatori che - ahi il muscolo, ahi che dolorino - si fanno fare la giustificazione e abbandonano Coverciano per tornare nel club di appartenenza. “Ci rifiuta la Nazionale non deve essere più convocato”, tuona l’ex ct in attesa di giudizio. Poi possiamo ammantare di panna montata il rifiuto, ma sempre un rifiuto resta.
Pippo Inzaghi sale in A con il Pisa ma - così ha spiegato l’addio il presidente del club toscano - “ha manifestato l’incertezza di affrontare un campionato di A”. Meglio il Palermo, che è in B, categoria che probabilmente Superpippo ritiene più affine alla sua figura.
È anche una questione di parola data. Così Stefano Pioli, che già ha trovato un accordo con la Fiorentina, ha alzato le braccia a fronte dell’offerta di Gravina. Scusate, siete arrivati tardi. Ed è anche una questione di scelte. Il diniego comunque è una soluzione valida a tutte le latitudini. Robert Lewandowski un paio di giorni fa ha abbandonato il ritiro della Polonia, rifiutandosi di scendere in campo. Il motivo? Il ct polacco gli ha tolto la fascia di capitano (e l'ha data a Zielinski), lo spogliatoio ha esultato (volavano i tappi di champagne) e il centravanti non ha retto l’affronto. E allora no, non gioco più, me ne vado.
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