Gattuso, uno di quelli per cui l'azzurro è un valore. Però deve portarci ai Mondiali

Gattuso fa parte di una generazione di calciatori per i quali la Nazionale non era un fastidio ma un valore. È la generazione dei Buffon, dei Cannavaro, dei Nesta e di tanti altri: gente che non rinunciava alla convocazione per un dolorino e nemmeno per un dolore vero, e che rispondeva presente a qualsiasi partita, anche se era un fastidioso impegno di metà settimana (all’epoca l’Italia giocava spesso le amichevoli tra una giornata e l’altra di campionato, ricordate?). I geni di quei campioni - che non a caso hanno vinto un Mondiale - si sono trasmessi ai successori sempre più faticosamente. Qualcuno li ha ereditati tutti: ci vengono in mente Chiellini e Bonucci, ad esempio, non a caso i leader della squadra che ha conquistato l’Europeo quindici anni dopo. Qualcuno, invece, quei geni non li ha mai assorbiti. E i risultati si vedono.
Questo non significa che basterà Rino per portarci ai Mondiali: la rincorsa è difficile, gli ostacoli sono tanti e non è sufficiente voler bene alla Nazionale per guidarla con successo. Di sicuro, però, lui è in grado di trasmettere ai suoi giocatori certi principi, certi valori: senso di appartenenza, spirito di sacrificio, amore per l’azzurro. Possono sembrare concetti banali, forse inutili, ma non lo sono affatto. Spalletti ha denunciato lo scarso attaccamento all’Italia di alcuni calciatori sui quali faceva affidamento, pronti a lasciare il ritiro a causa - appunto - di un dolorino. La ricostruzione della Nazionale passa anche dal recupero della passione per quella maglia. Poi è chiaro che serve molto altro: idee chiare, scelte azzeccate, giocatori di qualità. Ma quelli ci sono, benché ormai sia diventato di moda denigrare la forza dei nostri calciatori. Non abbiamo Yamal, non abbiamo Mbappé, però abbiamo Donnarumma e tanti ottimi atleti i quali in azzurro non rendono come potrebbero.
Da giorni si parla degli uomini che affiancheranno Gattuso in questa sua avventura. Sembra quasi che il nuovo ct abbia bisogno di tutor, di protettori, di guardaspalle. Non è così. Rino fa l’allenatore da più di dieci anni. Spesso non è stato fortunato nella scelta delle squadre, perché è incappato in alcune società in grave crisi e ha dovuto lavorare in situazioni quasi paradossali. Ha guidato club piccoli ma anche grandi come il Milan e il Napoli: li ha portati entrambi al quinto posto in serie A, risultati non straordinari però nemmeno disastrosi, e in Campania ha vinto una Coppa Italia. Ora che ha in mano la Nazionale, la guiderà con le sue idee, com’è giusto che sia, e senza accompagnatori più o meno ingombranti, più o meno scomodi. La sua centralità e la sua autonomia non sono in discussione.
È invece in discussione, e lo sappiamo bene, la partecipazione dell’Italia ai Mondiali. Se guardiamo con realismo la situazione nel nostro girone eliminatorio, prendiamo atto che è difficile, molto difficile, pensare alla qualificazione diretta: dovremmo vincere sempre e sperare in un improbabile passo falso della Norvegia contro Estonia, Israele oppure Moldova (le affronterà tutte in casa dopo averle battute in trasferta); in alternativa sarebbe necessario recuperare dodici gol nella differenza reti. Ma pensare a certe situazioni di classifica rischia di essere fuorviante. L’Italia deve semplicemente vincere. Sempre. Innanzitutto perché in questo modo non viene messa in discussione quanto meno la partecipazione ai playoff, ai quali accede la seconda del girone, e poi perché la squadra ha bisogno di recuperare fiducia, di ritrovare certezze, di sentirsi forte. E questo può accadere solo attraverso i successi.
Da mesi diciamo che l’Italia non può permettersi di rimanere fuori dai Mondiali del 2026. Ora che abbiamo anche un nuovo ct, è indispensabile che tutti facciano la loro parte per aiutarlo e sostenerlo. La Federazione, i collaboratori che saranno affiancati a Gattuso, i giocatori, ogni componente del nostro movimento. Perché fallire di nuovo, per la terza volta, sarebbe una catastrofe sportiva per il calcio italiano. Per tutto il calcio italiano.
La Gazzetta dello Sport