Giustizia minorile, servono più comunità e più risorse

Dopo i recenti fatti dei quattro bambini rom che, a Milano, alla guida di un’auto rubata hanno investito e ucciso Cecilia De Astis e del diciassettenne che si è suicidato nel Centro di prima accoglienza annesso all’Istituto penale per minorenni di Treviso, l’Unione nazionale camere minorili ha preso posizione per dichiarare l’urgenza di «comprendere che le risorse per il settore della giustizia minorile, necessariamente integrata con il sistema dei Servizi socio-sanitari, debbono essere assolutamente incrementate e veicolate, in una ottica non solo emergenziale ma strutturale». Abbiamo dialogato con Christian Serpelloni e Ilaria Summa, responsabili del settore penale dell’Unione nazionale camere minorili.
Com’è lo stato di salute della giustizia minorile italiana?
È una situazione molto complessa, che richiede particolare attenzione, ma che non può definirsi drammatica. L’analisi statistica e comparativa dei dati elaborata dal Dipartimento della Giustizia minorile, aggiornata al 30 giugno 2025, può aiutare molto a formarsi un’opinione scevra da pregiudizi. Per esempio, gli ingressi nei Cpa (strutture che ospitano minorenni in stato di arresto, fermo o accompagnamento) dal 2008 fino al 2013 hanno sempre superato le 2mila unità. Nel 2014 si è giunti sotto quota 2mila (per la precisione 1.548) e il trend è sempre stato in decrescita fino al 2023, anno in cui si sono registrati 852 ingressi, mentre nel 2024 effettivamente vi sono stati 1.144 ingressi. Il trend è in crescita da un paio di anni, ma fortunatamente siamo ancora lontano dai numeri ai quali eravamo abituati solo una quindicina di anni fa. Certamente dobbiamo lavorare per non ritornare a quei valori.
Da un paio di anni sono tornati ad aumentare gli ingressi nei Cpa, le strutture che ospitano minorenni in stato di arresto, fermo o accompagnamento: ma siamo lontanissimi dai numeri a cui eravamo abituati solo 15 anni fa
Cosa c’è dietro i recenti fatti di cronaca?
Quando si commette un reato, quando si pongono in essere agiti antisociali, spesso la causa è da ricercare in bisogni di varia natura, che non riescono ad essere intercettati. Il fatto che nel Nord Italia il 46-50% delle persone che sono detenute negli Ipm siano minori stranieri non accompagnati è significativo.
Perché è significativo?
Perché si tratta di ragazze e ragazzi che arrivano nel nostro Paese senza punti di riferimento e purtroppo spesso vengono risucchiati dal vortice della criminalità, che “fa fronte” con una velocità molto superiore a quella delle istituzioni ai bisogni di queste persone. Quando poi questi ragazzi vengono arrestati, l’assenza di adulti di riferimento e la carenza di posti in comunità spesso determina per loro il collocamento in carcere, con tutto ciò che questo significa perché il sistema penitenziario minorile purtroppo non gode di buona salute.
È fondamentale intercettare con celerità le esigenze di molti minorenni che agiscono comportamenti devianti e che commettono reati. La percezione che un adolescente ha del tempo, non è quella di un adulto
L’assenza di comunità che cosa comporta?
La carenza di comunità e di risorse per minorenni è un problema che non potrà essere ignorato ancora a lungo dalle istituzioni, pena il collasso del sistema. Molte comunità sono state costrette ad issare bandiera bianca, si sono arrese, sia per la difficoltà a reperire personale sia anche (e la mancanza nel reperimento di personale ne è una conseguenza) per le enormi difficoltà economiche alle quali, quotidianamente, dovevano fare fronte. Poi in molte comunità c’è un continuo turnover di personale, questo vanifica tutti gli sforzi fatti per aiutare il minorenne e ne impedisce una effettiva presa in carico.
Ben sappiamo cosa significhi l’assenza di stabili e sani punti di riferimento per adolescenti che vivono profondi momenti di crisi. Inoltre, c’è il problema di giovanissimi che manifestano disagio psichico e che fanno uso di sostanze stupefacenti, le cosiddette doppie diagnosi. Trovare comunità attrezzate per affrontare tali problemi è davvero difficile. Anche i posti in neuropsichiatria infantile sono molto scarsi e, quindi, il rischio è che questi ragazzi, contro tutte le linee guida nazionali, finiscano nelle psichiatrie, luogo in cui un adolescente non dovrebbe mai essere collocato.
Cosa intendete per assenza di risorse?
In Italia ultimamente sono di moda le riforme ad “invarianza finanziaria”, in sintesi si introducono norme per modificare alcuni settori, ma il tutto deve essere gestito con le risorse già in essere. Questo significa un fallimento annunciato, perché il sistema di welfare e di giustizia minorile è già in profonda sofferenza. Lo dicevamo prima, è fondamentale intercettare con celerità le esigenze di molti minorenni che agiscono comportamenti devianti e che commettono reati. Per fare ciò è assolutamente necessario, per esempio, incrementare gli organici e le dotazioni degli Uffici dei servizi sociali per i minorenni-Ussm, affinché questi ultimi vengano presi in carico fin dai primi momenti dell’iscrizione nel registro delle notizie di reato e non, come spesso accade, a distanza di molto tempo e solo in prossimità dell’udienza. La percezione che un adolescente ha del tempo non è quella di un adulto.

Inoltre, sarebbe molto importante rafforzare i sistemi di neuropsichiatria infantile per assicurare un efficace e rapido intervento nei casi di sofferenza e disagio psichico, che purtroppo sono in costante aumento. E ancora, aumentare i fondi per le cosiddette “educative di strada”, servizi importantissimi perché vanno direttamente a rapportarsi con realtà complesse, fornendo aiuti concreti a molti ragazzi e ragazze, comprendendone i bisogni e prevenendo spesso condotte devianti prima che sia troppo tardi. È necessario agire seriamente, arrivare al cuore dei problemi e smetterla di parlare alla pancia della gente, introducendo norme che non avranno alcun impatto concreto sui problemi per i quali sono state pensate.
È necessario aumentare i fondi per le “educative di strada”, importantissime perché vanno forniscono aiuti concreti a molti ragazzi e ragazze, comprendendone i bisogni e prevenendo spesso condotte devianti
Ad esempio?
Pensare che inasprire o aumentare in generale la repressione serva per ridurre il fenomeno della devianza minorile è una visione, lo abbiamo scritto nel nostro comunicato, miope. Gli effetti “special preventivi” e “general preventivi” delle norme poco funzionano con gli adolescenti, che spesso quelle norme neanche le hanno mai sentite o, meglio, nessuno gliele ha mai spiegate. Certamente i nuovi strumenti a disposizione del sistema di giustizia minorile, introdotti con il decreto legislativo 123/23, possono avere una loro rilevanza, soprattutto in alcune zone d’Italia ove la complessità criminale è maggiore, ma i problemi strutturali che ammorbano il sistema debbono essere affrontati non solo con strumenti di natura retributiva, ma con interventi mirati, integrati e multidisciplinari.
Sotto il profilo penale ciò che maggiormente preoccupa non è tanto l’incremento dei reati commessi da minorenni, quanto l’aumento della violenza con la quale i minorenni pongono in essere i loro agiti devianti. Capita con una certa frequenza, ad esempio, che i reati predatori posti in essere da adolescenti, vedano questi ultimi più interessati all’agito violento verso la vittima che non al provento economico. Il prossimo 30 settembre a Napoli, nella Biblioteca De Marsico a Castel Capuano, presenteremo un docu-interviste dal titolo “Voci di Giustizia minorile “nel quale sette procuratori minorili parleranno di ciò che quotidianamente si trovano a gestire. Il problema penale comunque è solo la punta di un iceberg.
Il problema penale è solo la punta di un iceberg. Dietro gli adolescenti spesso ci sono delle famiglie disfunzionali, non sempre e non necessariamente prive di mezzi economici, come pure istituzioni non in grado di svolgere appieno il proprio ruolo
Perché il problema penale è la punta di un iceberg?
Perché dietro gli adolescenti spesso ci sono delle famiglie disfunzionali, non sempre e non necessariamente prive di mezzi economici, come pure istituzioni non in grado di svolgere appieno il proprio ruolo. Intervenire solo sugli aspetti penali e dimenticarsi di tutto il resto sarebbe come curare il sintomo disinteressandosi della causa. La presa in carico e la risposta a queste situazioni non può essere, quindi, solo quella penale, se realmente vogliamo intervenire sul disagio giovanile e abbattere la recidiva nei minorenni e nei giovani adulti.
Foto di Haddad Azfa su Unsplash
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