Batteri che provocano la febbre, ecco come si sono evoluti

Il Dna antico estratto da ossa e denti di individui vissuti in Gran Bretagna centinaia e anche migliaia di anni fa, tra 2.300 e 600 anni fa, può raccontare l'evoluzione di alcuni batteri che causano la febbre e di come questa sia strettamente intrecciata con cambiamenti nello stile di vita degli esseri umani: a partire dalla diffusione di abiti in lana e di insediamenti più affollati, che hanno facilitato la trasmissione da persona a persona.
Lo svela lo studio pubblicato sulla rivista Science, guidato dallo University College di Londra e dal Francis Crick Institute britannico, che evidenzia l'importanza del Dna antico nel far luce sull'origine delle malattie infettive.
I ricercatori coordinati da Pontus Skoglund del Francis Crick e Lucy van Dorp dello University College di Londra hanno sequenziato l'intero genoma di quattro antichi campioni di Borrelia recurrentis, un batterio che provoca una malattia caratterizzata da febbre ricorrente che oggi si riscontra tipicamente in aree con scarse condizioni igieniche o sovraffollamento, come i campi profughi. I campioni provengono da resti umani datati da 2.300 a 600 anni fa, e ciò significa che hanno permesso di ottenere il genoma di B. recurrentis più antico fino ad oggi.
Gli autori dello studio hanno poi messo a confronto i Dna così ottenuti con quelli del batterio moderno, scoprendo che questa specie si è differenziata dal suo cugino più prossimo tra 6mila e 4mila anni fa: il nuovo percorso evolutivo intrapreso ha permesso a B. recurrentis di cambiare l'animale con il quale si trasmette: non più le zecche, ma i pidocchi, più efficaci nel diffondere il batterio tra gli esseri umani. Questa svolta coincide proprio con importanti cambiamenti negli stili di vita, tra cui la diffusione dei tessuti in lana, che offre condizioni migliori per la deposizione delle uova dei pidocchi.
"Il Dna antico può migliorare la nostra comprensione di malattie importanti ma poco studiate, come la febbre ricorrente", dice Skoglund. "Capire in che modo batteri come B.
recurrentis siano diventati più pericolosi in passato può aiutarci a capire come le malattie potrebbero evolversi in futuro. I nostri dati - prosegue Skoglund - suggeriscono che cambiamenti nelle società umane, come l'uso di nuovi materiali per l'abbigliamento o la convivenza in gruppi più numerosi, potrebbero aver permesso a B. recurrentis di diventare più letale, un esempio di come agenti patogeni ed esseri umani si siano co-evoluti".
repubblica