Edoardo Serra, il papà di Siri, ora vuole usare AI per ridurre gli incidenti aerei

È considerato il papà italiano di Siri. Per nove anni ha lavorato a Cupertino, contribuendo a dare voce all’assistente vocale di Apple. Poi ha lasciato tutto. Da San Francisco a New York. Da Siri alla sanità, dalle big tech all’impatto sociale. Ha co-fondato una startup che aiuta le persone ai margini del mercato del lavoro a crearsi una professione, entrare nel mondo del lavoro sanitario, con corsi brevi e accessibili. Lui è Edoardo Serra, 40 anni, ingegnere del Politecnico di Torino. La startup si chiama Stepful: è una scuola online che forma e inserisce nel sistema sanitario americano ex autisti, disoccupati, precari, o persone provenienti da comunità svantaggiate.
Fondata nel 2021, da Carl Madi (oggi CEO), insieme a Tressia Hobeika ed Edoardo Serra, Stepful è entrata in Y Combinator, ha raccolto oltre 40 milioni di dollari in finanziamenti (tra gli investitori, Oak, Reach Capital, AlleyCorp) ed è stata riconosciuta dal Time 2025 come la prima azienda edtech negli Stati Uniti e tra le prime dieci al mondo.
I corsi, tutti online, durano dai quattro ai sei mesi. Hanno una data di inizio e di fine, sono organizzati in gruppi, con un istruttore dedicato.
«Il nostro modello ha un tasso di completamento dell’80%, molto più alto della media delle scuole online. Chi esce trova lavoro quasi subito. In passato offrivamo anche una garanzia: se non trovavi lavoro, ti restituivamo i soldi».
Negli Stati Uniti il sistema sanitario è molto più verticalizzato rispetto a quello italiano. Le mansioni sono distribuite tra figure iper-specializzate e questo apre spazio a molte professioni intermedie che si possono imparare in pochi mesi.
«C’è il Medical Assistant, che può prendere la pressione, monitorare il battito cardiaco e svolgere anche compiti amministrativi. C’è il Pharmacy Technician, che prepara le medicine e calcola il numero delle pillole. Il Surgical Tech, che assiste in sala operatoria. E il Phlebotomist, il tecnico dei prelievi».
Ruoli fondamentali che rendono gli ospedali più efficienti e sostenibili: il lavoro non è concentrato sugli infermieri, ma distribuito su competenze specifiche, con percorsi formativi più rapidi.
Come hai deciso di cambiare tutto? «È successo quando ho visto la prima classe diplomarsi. Una foto a Central Park, 11 studenti con le mascherine sul volto, eppure vedevi la loro felicità. Era la foto del progetto pilota. Ho capito che volevo dedicare il mio tempo a quell’impresa». Da quel giorno Edoardo ha guidato tutta la parte tecnica.
«C’è stata una storia che mi ha colpito e fatto capire che ero sulla strada giusta. Lei era una ragazza che puliva i bagni dei treni alla stazione di Grand Central. Lavorava all’alba, finiva tardi, a volte dormiva per terra. Le comunicavano i turni all’ultimo momento e non aveva il tempo di tornare a casa. Dopo il corso è stata assunta come tecnica per i prelievi, con uno stipendio da 20 dollari all’ora, un contratto stabile, assicurazione sanitaria e tutti i benefit. Mi ha raccontato quanto fosse grata per quel lavoro».
Il bisogno di queste professioni è enorme: «La popolazione invecchia e c’è bisogno di questi ruoli. Negli Stati Uniti studiare costa molto, il welfare è fragile, e molti finiscono in lavori senza prospettive.I nostri corsi rappresentano un primo passo. Sono ruoli entry-level nel settore sanitario, ma permettono di accumulare esperienza sul campo e costruire, nel tempo, una vera carriera. C’è chi parte come Medical Assistant, lavora due anni, poi aggiunge competenze e continua a crescere. Non tutti possono permettersi la facoltà di medicina, ma questo può essere un punto d’ingresso solido, concreto, per arrivare dove vogliono».
Oggi Stepful ha oltre 70 istruttori e una delle valutazioni più alte del settore.
Serra ha sempre avuto l’istinto di costruire cose da zero. È cresciuto con la consapevolezza di essere un ingegnere nato. «I miei genitori hanno rafforzato moltissimo la fiducia in me».
A 5 anni riceve il suo primo computer. A 20 la prima startup. «L’ho fondata tra l’Italia e Hong Kong: si chiamava Satisfly, e provava a far incontrare persone affini durante i viaggi in aereo. Non ha funzionato, ma alla fine abbiamo capito che i dati che raccoglievamo avevano un valore. E con la nostra tecnologia li abbiamo venduti a un’agenzia di viaggi online in Sudafrica».
Dopo Satisfly continua a sperimentare. «Abbiamo sviluppato una piattaforma per segnalare gli scontrini non emessi. Si chiamava tassa.li. Più che fare business, volevamo sollevare l’attenzione su un problema».
Poi è arrivata la chiamata che ha cambiato tutto.
«Stavo per iscrivermi a un MBA all’Insead, in Francia. Uno degli advisor della mia vecchia startup mi scrive: mio figlio lavora ad Apple, stanno cercando un ingegnere italiano per il team di Siri.Ho fatto i colloqui. L’offerta è arrivata una settimana prima del test di ammissione. Sono stato il primo italiano nel team di Siri. All’inizio mi sono occupato di tutto il processo di natural language processing per l’italiano. Era un progetto giovane, bellissimo, segreto. Siri era una giovane startup appena acquisita da Apple. Lavoravo al fianco dei founder. Nessuno, dentro l’azienda, sapeva che Siri stava per nascere. Poi il team è cresciuto. Sono diventato manager dell’ingegneria internazionale. Dovevo assumere, organizzare. Sempre più gestione, sempre meno ingegneria». Inizia a pensare come cambiare la sua vita. E arriva la telefonata di Carl.
Passano quattro anni e ora sta già preparando un nuovo capitolo.
«Ho capito che la mia forza è in quello che va da Zero a Uno, e Stepful a questo punto è ben oltre questa fase. Dicono che quando un giorno ti svegli e pensi che il mondo non possa più esistere senza un’idea è il momento di rimboccarsi le maniche. Forse questo momento è arrivato, nuovamente, per me, Sto lanciando una nuova startup che usa l’IA per migliorare la sicurezza dell’aviazione, altra mia grande passione. Ci sono ancora troppi incidenti aerei, in aviazione privata (e commerciale) riconducibili ai piloti. L’AI potrebbe incrociare molti dati, condizioni fisiche del pilota, come la stanchezza e alla missione specifica, l’esperienza di volo, identificando rischi e salvando vite umane».
Cosa hai imparato che può servire a tutti noi?
«Che bisogna provarci. In Italia non ci proviamo più. Quando cercavo di assumere ingegneri per Apple molti miei compagni mi dicevano: non sono abbastanza bravo per lavorare in un posto così. Io rispondevo: ma a scuola eri più bravo di me. Io non sono il miglior ingegnere del mondo, anzi. Noto che c’è una sindrome dell’impostore molto diffusa. Gli Stati Uniti sono un Paese un paese basato sull'incentivo, l'Italia è un paese basato sulla punizione. E spesso il risultato è questo… Che le persone non si muovono, non ci provano, non escono dalla loro comfort zone».
Due altri sogni nel cassetto. «Vorrei affrontare due problemi: il cambiamento climatico e la crisi metabolica, quella che oggi è una vera e propria epidemia di obesità. Sto cercando di capire dove posso dare un contributo, a partire da ciò che so fare meglio: prodotto, tecnologia. Qualcosa che crei valore e generi impatto sociale. E questo, oggi, è il filo che guida il mio futuro. Ho iniziato scrivendo codice. Oggi scrivo percorsi che cambiano la vita delle persone. È ancora ingegneria, ma con un impatto diverso. E per me, dieci volte più bello».
La Repubblica