Yemen. L’eden Socotra rischia di perdere la sua icona. Cicloni e capre minacciano l’albero del drago

Su un altopiano battuto dal vento, a picco sul Mar Arabico, Sena Keybani culla un alberello che le arriva a malapena alla caviglia. La giovane pianta, protetta da una recinzione improvvisata di legno e filo metallico, è un esemplare di albero del drago di Socotra (o dragon’s blood tre, o Dracacena cinnabari), una varietà di asparagacee presente appunto solo sull'isola yemenita di Socotra, ma che ora sta lottando per sopravvivere alle crescenti minacce dei cambiamenti climatici.
"Vedere gli alberi morire è come perdere uno dei propri figli", racconta all’agenzia di stampa Associated Press Keybani, la cui famiglia gestisce un vivaio dedicato alla conservazione della specie.
Noti per le loro chiome a forma di fungo e per la linfa rosso sangue che scorre nel loro legno, questi alberi erano un tempo numerosi. Ma cicloni sempre più violenti, il pascolo di capre aliene e invasive e i persistenti disordini nello Yemen, tra i Paesi più poveri al mondo, nonché afflitto da una guerra civile decennale, hanno spinto la specie e l'ecosistema unico che sostiene verso il collasso.

Spesso paragonata alle Isole Galapagos, Socotra galleggia in splendido isolamento a circa 240 chilometri (150 miglia) al largo del Corno d'Africa. La sua ricchezza biologica – tra cui 825 specie vegetali, di cui più di un terzo non esiste in nessun altro luogo al mondo – le è valsa il riconoscimento di Patrimonio Mondiale dell'Unesco. Tra queste, gli alberi bottiglia, i cui tronchi gonfi sporgono dalla roccia come sculture, e la Boswellia sacra, che produce una delle varietà più pregiate di incenso, i cui rami nodosi si contorcono verso il cielo.
Ma è l'albero del drago ad aver più di ogni altra specie catturato l'immaginazione, per la sua forma aliena, che sembra estranea a ogni qualsivoglia foresta del pianeta in cui viviamo. L'isola accoglie circa 5.000 turisti all'anno, molti dei quali attratti dalla vista surreale di queste foreste uniche.
I visitatori sono tenuti ad assumere guide locali e a soggiornare in campeggi gestiti da famiglie di Socotra per garantire che il denaro dei turisti venga distribuito localmente. Se gli alberi dovessero scomparire, l'industria che sostiene molti isolani potrebbe scomparire con loro. "Con i proventi che riceviamo dal turismo, viviamo meglio di chi vive sulla terraferma", racconta Mubarak Kopi, responsabile del turismo di Socotra.

Ma l'albero è più di una curiosità botanica e di un’attrattiva turistica: è un pilastro dell'ecosistema di Socotra. Le sue chiome a forma di ombrello catturano nebbia e pioggia, che vengono incanalate nel terreno sottostante, permettendo alle piante vicine di prosperare nel clima arido.
"Quando si perdono gli alberi, si perde tutto: il suolo, l'acqua, l'intero ecosistema", ha affermato Kay Van Damme, biologa conservazionista belga che lavora a Socotra dal 1999. Gli scienziati sono convinti che, senza interventi, questi alberi, e con loro molte altre specie, potrebbero scomparire in pochi secoli. "Come esseri umani, siamo riusciti a distruggere enormi quantità di natura sulla maggior parte delle isole del mondo", dice ancora Van Damme. "Socotra è un luogo dove possiamo davvero fare qualcosa. Ma se non lo facciamo, la responsabilità è nostra."
Attraverso l'aspra distesa dell'altopiano di Firmihin a Socotra, la più grande foresta di alberi del drago rimasta si estende sullo sfondo di montagne frastagliate. Migliaia di ampie chiome si ergono in equilibrio su tronchi snelli. Gli storni di Socotra sfrecciano tra le fitte chiome, mentre gli avvoltoi egiziani si proteggono dalle raffiche incessanti. In basso, le capre si muovono tra il sottobosco roccioso.
Secondo uno studio del 2017 pubblicato sulla rivista Nature Climate Change, la frequenza dei cicloni violenti è aumentata drasticamente nel Mar Arabico negli ultimi decenni, e gli alberi del drago di Socotra ne stanno pagando il prezzo.

Nel 2015, una devastante serie di cicloni, di intensità senza precedenti, si è abbattuta sull'isola. Esemplari secolari, alcuni risalenti a oltre 500 anni fa, che avevano resistito a innumerevoli tempeste precedenti, sono stati sradicati a migliaia. La distruzione è continuata nel 2018 con un altro ciclone.
Con l'aumento delle emissioni di gas serra, aumenterà anche l'intensità delle tempeste, ribadisce Hiroyuki Murakami, climatologo della National Oceanic and Atmospheric Administration Usa, e autore principale dello studio. "I modelli climatici di tutto il mondo prevedono con sicurezza condizioni più favorevoli per i cicloni tropicali".
Ma le tempeste non sono l'unica minaccia. A differenza dei pini o delle querce, che crescono dai 60 ai 90 centimetri all'anno, le dracene crescono solo di 2-3 centimetri all'anno. Quando raggiungono la maturità, molte sono già state attaccate da un pericolo inaspettatamente – almeno secondo quello che siamo abituati a pensare - insidioso: le capre.
Specie aliena e invasiva a Socotra, gli erbivori che vagano liberamente divorano gli alberelli prima che abbiano la possibilità di crescere. Al di fuori delle scogliere difficili da raggiungere, l'unico posto in cui le giovani dracene possono sopravvivere è all'interno di vivai protetti.

"La maggior parte delle foreste che sono state esaminate sono quelle che chiamiamo troppo mature: non ci sono alberi giovani, non ci sono piantine", ha affermato Alan Forrest, esperto di biodiversità presso il Centro per le Piante del Medio Oriente del Royal Botanic Garden di Edimburgo. "In altre parole, ci sono vecchi alberi che cadono e muoiono, e non c'è molta rigenerazione in atto".
Il vivaio della famiglia di Keybani è uno dei numerosi recinti essenziali che tengono lontane le capre e permettono alle giovani piante di crescere indisturbate. "All'interno di questi vivai e recinti, la riproduzione e la struttura di età della vegetazione sono molto migliori", ha affermato Forrest. "Quindi, questi esemplari saranno più resilienti ai cambiamenti climatici",
Ma simili sforzi di conservazione sono complicati dalla situazione di stallo della guerra civile in Yemen. Mentre il governo riconosciuto a livello internazionale, sostenuto dall'Arabia Saudita, combatte i ribelli Houthi – un gruppo sciita sostenuto dall'Iran – il conflitto si è esteso oltre i confini del Paese. Gli attacchi degli Houthi contro Israele e le spedizioni commerciali nel Mar Rosso hanno provocato ritorsioni da parte delle forze israeliane e occidentali, destabilizzando ulteriormente la regione.

"Il governo yemenita hanno innumerevoli problemi in questo momento", ha affermato Abdulrahman Al-Eryani, consulente di Gulf State Analytics, una società di consulenza sui rischi con sede a Washington. "I responsabili politici si stanno concentrando sulla stabilizzazione del Paese e sulla garanzia che servizi essenziali come elettricità e acqua rimangano funzionanti. Affrontare le questioni climatiche sarebbe un lusso".
Con scarso sostegno nazionale, gli sforzi di conservazione sono lasciati in gran parte alla responsabilità dei socotrani. Ma le risorse locali sono scarse, ha affermato Sami Mubarak, guida ecoturistica dell'isola.
Mubarak indica i pali inclinati della recinzione del “nido” della famiglia Keybani, legati insieme con filo metallico fragile. Le recinzioni durano solo pochi anni prima che il vento e la pioggia le rompano. Finanziare nidi più resistenti con pali di recinzione in cemento sarebbe di grande aiuto, ha affermato.
"Al momento, ci sono solo pochi piccoli progetti ambientali, non è sufficiente", ha affermato. "Abbiamo bisogno che le autorità locali e il governo nazionale dello Yemen diano priorità alla conservazione".
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