Il silenzio di Meloni e Giorgetti al diktat di Berlino su Unicredit


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palazzo chigi
Il governo Merz dice alla banca di piazza Gae Aulenti di “rinunciare” a Commerzbank. Il governo italiano resta muto
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Il governo tedesco ha chiesto ufficialmente a Unicredit di fare un passo indietro su Commerzbank: “Ci aspettiamo che Unicredit rinunci al tentativo di acquisizione”, ha detto il ministro delle Finanze Lars Klingbeil. A parte l’uscita irrituale, è come se la Germania chiedesse all’Unione europea di compiere un passo indietro sul mercato unico dei capitali. E il governo Meloni che fa? Tace. Eppure questa sarebbe l’occasione per richiamare la Germania al rispetto dei principi europei, ricambiando i rimproveri di Berlino all’Italia per le posizioni anti europeiste come la mancata ratifica alla riforma del Mes, il Meccanismo europeo di stabilità, attraverso cui Roma blocca l’introduzione del backstop che è un tassello fondamentale dell’Unione bancaria. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che in altri tempi avrebbe risposto per le rime al suo omologo tedesco Klingbell, stavolta non commenta.
Anzi, in una nota il Mef fa sapere di avere discusso, durante un colloquio bilaterale con il ministro delle Finanze ucraino Serhii Marchenko, dell’esclusione dalla ricostruzione di Kyiv di “chiunque abbia beneficiato, a vario titolo, di proventi per aver fatto affari in Russia”. Non viene citato il nome di nessuna società, ma tra queste c’è Unicredit, sulla cui permanenza in Russia si basa una delle prescrizioni imposte dal governo per l’acquisizione di Banco Bpm.

Naturalmente si tratta solo di una coincidenza tra la dichiarazione del governo Merz e la Conferenza sulal ricostruzione dell’Ucraina in corso a Roma. Ma è come se si fosse creato un allineamento di interessi tra Italia e Germania – ognuno a casa sua con le sue banche fa come vuole – la cui vittima è, in entrambi i casi, Unicredit: in Italia per l’offerta su Bpm e in Germania per quella su Commerzbank. Eppure, Giorgetti potrebbe vantarsi di come l’Italia sia arrivata ad avere un sistema bancario tanto solido da consentire al suo secondo istituto di conquistare il terzo della Germania. Chi l’avrebbe mai detto una decina di anni fa quando il sistema creditizio italiano era provato dai casi di default e da una montagna di crediti deteriorati?
A Klingbell si potrebbe far notare che se Commerzbank è sotto scalata una ragione ci deve essere, tipo che la fase di risanamento dopo la grave crisi che la banca ha vissuto non ha ancora portato a risultati ottimali. Ma questo, ovviamente, non è un terreno per Giorgetti. Lo sarebbe, invece, quello di difendere la legittima iniziativa di mercato di una banca italiana, che si candida a diventare il primo campione bancario europeo nella prospettiva di un mercato dei capitali senza barriere. Persino il più banchiere più famoso del mondo, Jamie Dimon di Jp Morgan, che nei giorni scorsi ha incontrato la premier Giorgia Meloni, ha detto in un’intervista al Sole 24 ore che gli Stati Uniti si aspettano che l’Europa diventi più unita e più forte. In questo concetto non può non esserci un sistema finanziario europeo più competitivo e integrato, che possa intercettare i crescenti flussi di capitali in fuga dagli Stati Uniti che stanno scegliendo proprio l’Europa come rifugio sicuro. Gli osservatori di mercato parlano di un riposizionamento di ricchezza mai visto, ma assicurano anche che in Europa il mercato dei capitali è troppo frammentato per cogliere appieno questa opportunità e per impedire, per converso, che ogni anno 300 miliardi di ricchezza privata migrino verso gli Stati Uniti finanziando le imprese, il debito e la difesa di quel paese.
Tutto questo c’entra, eccome, con il risiko bancario italiano e tedesco. C’entra perché la Commissione europea, che già non vedeva di buon occhio le tendenze sovraniste dei governi in tema di aggregazioni bancarie, non potrà certo avallare la posizione della Germania né consentire che i singoli stati decidano sulle fusioni a propria discrezione, come peraltro sta facendo anche l’Italia. L’argomento usato dai tedeschi – Commerzbank è una banca di importanza sistemica, ha dimostrato di potere avere successo anche in modo indipendente – è grosso modo lo stesso usato dal governo italiano per difendere Banco Bpm dalla presa di Unicredit. Anche se, in questo caso, la differenza è che Palazzo Chigi sembra già avere in mente quale sia il futuro della banca milanese, che non è quello dell’autonomia ma di andare a completare il disegno di un nuovo grande polo bancario italiano insieme con Mps e Mediobanca anche con un ruolo rilevante di un azionista estero “gradito” come la francese Crèdit Agricole.
In tutto questo ci sarebbe da chiedersi dove sia finito il mercato, che viene evocato spesso dagli stessi attori politici quando qualcuno solleva dubbi sulla presenza dello stato in alcune operazioni in corso, salvo poi orientare e determinare le scelte che porteranno alla nascita di un nuovo assetto finanziario del paese.
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