Le Regioni spingono sulla riforma dei medici di famiglia: per loro doppio binario, convenzionati o dipendenti

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Le Regioni spingono sulla riforma dei medici di famiglia: per loro doppio binario, convenzionati o dipendenti

Le Regioni spingono sulla riforma dei medici di famiglia: per loro doppio binario, convenzionati o dipendenti

Per i medici di famiglia ci sarà un doppio canale: diventare dipendenti del Servizio sanitario nazionale o restare convenzionati, come sono oggi. Ma per quest'ultimi saranno previsti anche “obblighi normativamente cogenti” riguardo a “debito orario” e “prestazioni da garantire” da sottrarre alla contrattazione collettiva sia nazionale che locale “in modo tale da assicurare l'effettivo avvio delle strutture e dell'organizzazione prevista dal Pnrr”. In pratica i dottori dovranno lasciare un po' di ore a settimana i loro studi e andare a lavorare nelle nuove strutture finanziate dal Pnrr con tre miliardi e cioè Case e Ospedali di comunità.

Per i medici di famiglia si avvicina dunque l'attesa riforma rinviata da almeno tre anni: a rompere gli indugi - come chiesto dal ministro della Salute Orazio Schillaci e dalla stessa premier Meloni - sono le Regioni che hanno messo a punto un documento di quattro pagine con i principi generali della riforma dei medici e dei pediatri di famiglia. Una riforma “auspicabile” come recita il titolo della proposta che si era resa necessaria già durante il Covid tanto che un primo documento per la riforma era già stato realizzato dalle Regioni nel settembre del 2021 in cui si evidenziava la necessità di uscire dalle “criticità del convenzionamento” dei medici di famiglia (che prevede lunghi e complicati accordi collettivi nazionali e locali) da sostituire con “regole chiare e attività esigibili”, ma poi “nessuna riforma, come è noto - ricorda il documento “riservato” firmato dai tecnici regionali - ha visto la luce per la caduta del Governo dell'epoca (quello Draghi, ndr)”.

Ora dunque arrivano le nuove proposte che il presidente delle Regioni Massimiliano Fedriga ha già condiviso informalmente con i governatori domenica scorsa durante il Festival delle Regioni a Venezia e che presenterà in questi giorni al ministro Schillaci perché le messa a terra al più presto: sarà necessario un intervento normativo (forse un decreto legge). E come spiegano le Regioni si tratterà di recuperare quanto scritto tra le norme istititutive del Ssn che all'articolo 25 della legge 883 del 1978 prevede appunto che “l'assistenza medico generica e pediatrica è prestata dal personale dippendete o convenzionato” del Ssn: da qui la richiesta dei governatori di approvare “una norma che riformi la materia” che riparta proprio dai “principi ispiratori” di quella legge “rendendoli però effettivamente esigibili”. Il documento mette dunque in pista 10 punti: tar questi c'è appunto quello che prevede che le Regioni per coprire i posti sul territorio possa scegliere il reclutamento di medici per le cure primarie come veri e propri dipendenti inquadrati come dirigenti medici nel contratto dell'area Sanità oppure ricorrere all'attuale convenzionamento, ma consentendo anche agli attuali convenzionatti di passare alla dipendenza. In pista anche una formazione post laurea finalmente universitaria (oggi è regionale) e la possibilità di attivare (al posto del convezionamento) forme di “vero e proprio accreditamento” a gruppi di medici che lavorino nelle Case di comunità. Ultimo punto - tra i più spinosi - definire “le ricadute economiche complessive della riforma, prevedendo la copertura integrale”.

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